Faust'o

Faust'o

venerdì 2 novembre 2012

1982 Faust'O

è del 1982. fine trasmissioni.







TRA LE FIAMME IL NUOVO FAUSTO
Ciao 2001 Novembre 1982
Imminente la pubblicazione del nuovo album (il quarto) di Faust'O dopo il passaggio alla nuova casa discografica, la Mars & Co. "Faust'O" è il titolo del disco prodotto da Guido Carota per la FG e suonato dal gruppo abituale di Faust'O con l'aggiunta di Alberto Radius alle chitarre. I titoli: "Ogni fuoco", "Stracci alle fiamme", "E poi non voltarti mai", "Ch'an cha cha", "Cinque strade ", "Jeraldine, "We Turn Away", "Alien", "Rip Van Winkie" e "Ultimi fuochi".

ITALIANO DA RECUPERARE
Tutti Frutti N°4 Testo e foto di Red Ronnie Febbraio 1983
Faust'O torna dopo due anni di silenzio, interrotti solo flebilmente dall'album "Out Now" autoprodotto in una tiratura limitala di mille copie. Tutti Frutti lo recensì nel n" 1. E' forse per questa attenzione prestata al Faust'O underground che lui ha scelto proprio Tutti Frutti quale primo test giornalistico del suo ritorno ufficiale sulle scene. Sarà anche grazie a questo limpido e ghiacciato sole invernale, ma Faust'O sembra più sereno, disteso e gioviale di quello che certe sue apparizioni televisive mi avevano fatto conoscere. Con naturale disinvoltura diventa poi freddo, tagliente e razionale.
"Ho fatto il mio primo disco da incazzato nel '77. ma non era per niente lucido. Poi sono riuscito a fare un discorso abbastanza lucido, seppur sempre di disagio."

Perché di disagio?
"Ma per il modo in cui vivi. per dove vivi. perché ci sono un sacco di cose che ti accorgi portano segni di sventura. Stiamo andando verso una cultura di sintesi, molto superficiale. Siamo in una società che morirà per autosoffocamento perché la pace ha portato solo ingiustizia, crimini, perché abbiamo bisogno di una guerra e non verrà mai più questa guerra, assolutamente. La guerra è sempre stata una valvola di sfogo, in ogni tempo. Sono tutte cose di cui ti accorgi. L'unica cosa che puoi fare è metterti a parlare di questo disagio. Non puoi certo metterti a lottare, contro chi? Perché ne siamo coinvolti tutti, dal più grande al più piccolo. Non credo ci sia chi può essere cosciente e quindi manovrare la situazione. Non c'è qualcosa da combattere in particolare. Anche per me il fatto di fare canzoni ... è una gran bella cosa, un ottimo veicolo. Forse quando ho cominciato a fare dischi pensavo di poter trovare delle cose. Poi ho scoperto che se fai dischi, se fai spettacolo puoi avere solo due cose: successo e soldi. Se hai solo un altro piccolo vuoto sei nella merda. Non è per riprendere il luogo comune che i soldi non sono la felicità ma non potrei mai avere un equilibrio con questo tipo di lavoro."

Tutte le volte che vedevo Garbo per associazione di idee pensavo a te.
"Questa associazione tra me e Garbo è voluta dai giornali."

Io non leggo giornali.
"Se tu non leggi i giornali, io non ascolto Garbo. Ho sentito solo "A Berlino va bene" e basta ".
Ma non ti senti usurpato di alcune idee, di un'immagine?
"Mi piacerebbe , ma non è cosi perché anch'io ho subito delle influenze. Comincio solo adesso ad essere discretamente personale. Tutto quello che appare retaggio culturale mi esce incosciamente. Fino a poco tempo fa sapevo da dove mi arrivava, ma ora è solo roba mia. per cui usurpato? Non so, e poi da chi? Da Garbo? Dai Matia Bazar? Non saprei."

Stanno spingendo molto questa immagine di Garbo con lo sguardo pensoso nel vuoto ed è una cosa che avevi anche tu.
"Sì. ho visto. Io invece mi sono accorto che lo sguardo è molto meglio tenerlo bello presente e se ne accorgerà presto anche lui."

Come spieghi la tua fase calante dopo "Poco Zucchero"?
"È dipesa unicamente dalla mia disponibilità. Dopo quel secondo disco, ho fatto televisioni, radio e giornali. Con ".l'Accuse ...", il terzo album, mi sono invece irrigidito moltissimo e quindi non ero più disponibile. Tutto quello che mi si proponeva non lo facevo. Ho fatto Disco Ring perché era un passaggio d'obbligo e Pop Coni perché tutto sommato andava bene, ma poi basta, non mi si è più visto in giro. Quasi nessuno conosce la mia faccia perché non c'è mai stata disponibilità da parte mia."

Perché?
"Probabilmente perché pensavo che il mio fosse un discorso serio e che quindi meritasse una maggior attenzione da parte dei media, attenzione che invece non esisteva, bla, bla, bla, presunzione, presunzione e ancora presunzione. Ora c'è maggior disponibilità, non perché credo che il mio prodotto sia merda ma perché tutto sommato credo sia uguale a tutti gli altri. Ero quasi tentato di andare a Sanremo. Perché no? Non ci sono andato solo perché non avevo il pezzo."

C'è qualcosa che ti piacerebbe fare?
"Sì, scrivere. Vorrei riuscire a farlo nel giro di 4 o 5 anni. Non mi attira scrivere romanzi o poesie, ma saggistica, trattare degli argomenti."

Vuoi a disposizione l'ultima pagina di Tutti Frutti, quella dello sfogo?
"No, non ho sfoghi da fare. Quando sarò preparato chiederò questo spazio. Scrivere sarebbe molto più gratificante che cantare perché a me fare canzoni piace tantissimo, però come fai quando qualcuno da fuori ti dice come debbono essere fatte?
Come pretendi di ascoltare alla radio qualcosa e dire: questo pezzo mi piace o non mi piace. Come puoi pretendere di scegliere quando una scelta è già stata operata ad altri livelli?"  

Da dove prendi energia? Cosa ti ha eccitato ultimamente?
''L'unica cosa che da un paio di anni è riuscita ad esaltarmi è stato il dedicarmi ad arti marziali e alla pratica dello Za Zen. La prima cosa che mi ha affascinato del Giappone è che è forse l'unico paese con una grossa cultura antichissima a non avere in qualche modo droghe all'interno della sua storia. La Cina ha l'oppio, l'India ha il Soma e l'Hashish, le civiltà Sudamericane hanno il peyote. Inizialmente le arti marziali non erano concepite come strumenti di difesa o offesa, ma solo come ginnastica del corpo, sviluppo della concentrazione del "qui e ora". Potrebbe succederti qualsiasi cosa in questo momento e devi essere pronto. Sviluppavano l'intuizione che è stata uccisa dall'occidente."

Sì, l'istinto è stato ucciso da ogni sorta di religione o ideologia.
"Ma soprattutto da quello che è l'intellettualismo. Siamo diventati grandissimi pensatori, ma pensatori e basta. Pensiamo ma non riusciamo più a vivere."

Ma cos'è lo Za Zen?
"È solo una posizione, lo stare seduti con la schiena eretta, lo sguardo abbassato verso un punto e la concentrazione, il cercare di dare il massimo dell'energia concentrandosi su se stessi. Questo sviluppa tantissimo l'intuito perché ti trovi in contatto con il tuo corpo, con ,i tuoi organi interni, con tutto quello c'he sei e di conseguenza anche con l'esterno ..."

... E il tempo passa, e lo spazio si assottiglia. E ti accorgi che non hai parlato affatto del nuovo prodotto di Faust'O. Resta solo una sua frase, sospesa fra altri discorsi, che è bello usare per chiudere il pezzo:
"È difficilissimo far parlare il cuore. E una cosa estremamente delicata: però, per quel poco che ti riesce, cazzo! Lascialo andare! Siamo talmente pieni di formalismi per cui una chitarra normalissima diventa una chitarra al fulmicotone ... Lasciamo veramente parlare il cuore per quello che è, per quanto ci è possibile."
Faust'O torna ufficialmente sulla scena della musica italiana.

FAUST'O - Ricordi - LP
Tutti Frutti  di Red Ronnie 1983
È decollato il recupero totale di Faust'o, da noi anticipato nel Tutti Frutti n° 4. L'immagine che lui sta dando di sé è molto influenzata da una cultura orientale, prettamente giapponese, e dalla disciplina psichica dello Za Zen che nel frattempo ha cominciato a praticare. Anche da questo album traspare una certa sicurezza in se stesso. Sembra la quiete dopo la tempesta. Tutto è molto razionale; II 45 che ne è stato tratto, "Ch'an Cha Cha", è però più sudamericano. È in effetti l'unico pezzo a parte di questo album. Alberto Radius, che oltre a suonare la chitarra ha collaborato all'arrangiamento e alla realizzazione del disco, interviene a tratti pesantemente per graffiare l'eleganza a volte al limite dell'apatia che percorre tutto l'album. Poi si incappa in un pezzo come "Jeraldine", violento e grintoso. Va ascoltato a volume altissimo. È splendido anche in quel basso sincopato e funky. "Rip Van Winkle" è invece il pezzo maggiormente orientale. È un disco omogeneo, a parte gli episodi già citati, ispirato e degno di attenzione.

NumeroUno Rock Star di Stefano Bonagura 1983
Superate le note vicissitudini contrattuali Faust'O ha prodotto il suo quinto LP, il primo dopo il cambio d'etichetta. Torna alla carica con un album gelido, di notevole qualità tecnica: musicalmente essenziale, testi che possono piacere o no, immagini rarefatte che agiscono per associazione d'idee. A me, sinceramente, non dice quasi nulla, però, e un disco che suggerisce almeno una considerazione fondamentale: com'é che possono rischiare di rimanere senza contratto personaggi
come Faust'O mentre altri, molto meno seri ed onesti con se stessi e con il pubblico, il contratto ce l'hanno sempre in mano? Business?

PASSATO PRESENTE E FUTURO DI UN POETA ELETTRICO
Tutto, Musica e Spettacolo  di Massimo Poggini - foto Angelo Deligio 1983
Faust'o è sicuro di avere in sè una formidabile carica di energia. Per questo gli sta bene la definizione di poeta elettrico. Il primo album, uscito nel 78 s'intitolava "Suicidio", il secondo "Poco Zucchero", il terzo "J'accuse... amore mio". Poi il silenzio interrotto da un LP sperimentale per pochi intimi: "Out Now". Faust'o non è tipo ad scendere a compromessi. Adesso ci riprova con un album in cui usa addirittura sette lingue...!!

La «o» apostrofata non ha un significato preciso, è solo un nonsense nato più per caso che per vera convinzione. E il cognome è uno dei più diffusi in Italia: Rossi. Fausto Rossi, dunque, in arte Faust'o. Qualcuno lo ha definito il «poeta elettrico», andando molto vicino alla sua vera essenza.
«È una definizione che mi sta bene», dice. «Mi piace pensare che dentro di me ci sia dell'energia. Del resto, se continuo a fare canzoni, è solo perché sento che riesco a farle al meglio».
Il 1983 potrebbe essere il suo anno. Lo ha iniziato bene pubblicando un album, intitolato «Faust'o». che è semplicemente bello. Un disco che fa seguito, e ne è pertanto la sintesi, a un lungo periodo di rivolgimenti interni. Faust'o è rimasto lontano dalla scena «ufficiale» per quasi due anni. In questo periodo ha pubblicato un LP: «Out Now», autoprodotto e fatto circolare attraverso canali «alternativi». È un album di musica sperimentale che non ha niente da spartire con il resto della sua produzione.
«Forse può sembrare una parola troppo grossa», dice oggi. «ma avevo bisogno di purificarmi. Ero giunto a un punto di rottura con me stesso e con gli altri e non sopportavo più niente. È per questo che ho deciso di rimanere per un po' fuori dal giro».

Oltre a incidere «Out Now», cos'hai fatto in questi due anni?
«Ho inciso anche un altro album, che però non è mai uscito. Contiene canzoni inedite eseguite dal vivo. Poi ho messo a fuoco tante idee, mi sono guardato dentro e sono riuscito a ritrovare il mio equilibrio, quell'equilibrio che stavo perdendo, o che forse avevo già perduto, chi può dirlo?».
Come mai hai deciso di tornare alla canzone?
«Premetto che la canzone non l'ho mai rinnegata, nemmeno nel momento in cui la crisi è stata più profonda la ritengo uno strumento molto importante, che ti permette di entrare nelle case e quindi di arrivare alla gente. Il rifiuto, semmai, era verso tutto ciò che sta intorno alla canzone, verso quei meccanismi che snaturano poco alla volta il discorso artistico... Adesso invece queste cose non mi assillano più: io ritengo di aver fatto un buon prodotto e cercherò di farlo arrivare alla gente sfruttando tutte le possibilità che mi saranno concesse. Poi sarà il pubblico a giudicare».

In questo periodo sei cambiato anche sotto l'aspetto umano?
«Fondamentalmente sono sempre uguale, con le mie convinzioni e tutto il resto. Ma adesso sono più fiducioso, più rilassato, più tranquillo. Non ho smarrito quella forte carica critica che mi ha sempre contraddistinto, però ora non mi arrabbio più come una volta se c'è qualcosa che non va, o perlomeno cerco di essere critico in modo costruttivo. Dal mio intimo ho bandito quei sentimenti tipo l'odio e il rancore; e questo mi permette di vivere senz'altro meglio, con meno affanni».

Tra passato, presente e futuro cos'è che ti interessa di più?
«Senza dubbio il presente. Ognuno dovrebbe imparare a vivere con la massima intensità il momento che sta vivendo. Solo così riuscirà ad assaporare il gusto della vita. Non voglio fare filosofia spicciola, ma il passato non ci appartiene più se non sotto un aspetto di "documentazione storica", di esperienza. E il futuro bisogna andarlo a scoprire giorno dopo giorno».
Ma non ti capita mai di metterti a pensare a quello che succederà domani?
«Sì, ma non capisco bene quello che sta accadendo ne quello a cui stiamo andando incontro. Non riesco a mettere a fuoco questa domanda: nel nostro immediato futuro c'è la catastrofe o il benessere? Sinceramente non saprei cosa rispondere. Quello che stiamo vivendo è un periodo di assestamento? Lo spero, ciò che succederà domani proprio lo ignoro».

Torniamo al nuovo disco. Le canzoni che vi hai incluso sono di recente composizione?
«Sulla copertina ho voluto riportare le date in cui ho scritto le singole canzoni. Infatti alcune le ho composte in un giorno, mentre altre sono nate nell'arco di un anno intero, nel senso che magari l'idea mi è venuta nel settembre dell'81. ma l'ho sviluppata solo nel settembre dell'82. Comunque sono tutte composizioni abbastanza recenti».

In sala d'incisione hai impiegato tanto a finire il lavoro?
«Ho lavorato senza fretta. Quando sono entrato in sala avevo con me solo le melodie e i testi. Gli arrangiamenti li abbiamo fatti sul posto, per dare più omogeneità al disco».

Ti risulta sempre difficile scrivere i testi?
«No. Una volta facevo fatica, è vero, ma adesso mi diverte. Anzi, è un periodo che sto scrivendo tantissimo e non solo canzoni, ma anche poesie, piccoli racconti, storie più o meno fantastiche».

Tu non hai quasi mai suonato dal vivo. Non ci tieni?
«Effettivamente fino a qualche tempo fa esibirmi in concerto non mi interessava. Non avevo voglia di occuparmi dei problemi, tecnici e non, che stanno dietro a uno spettacolo. Adesso invece sto studiando questa possibilità. Comincerò non appena il disco si muoverà un pochettino, ma l'idea c'è già. Andrò in giro con due pianoforti acustici, percussioni e nastri preregistrati contenenti effetti di vario tipo. Per uno spettacolo del genere l'ambiente adatto credo che siano le discoteche di medie e grosse dimensioni».

I computers e l'elettronica ti affascinano ancora?
«Sì, ma non li seguo più come qualche anno fa, E questo è un settore dove se perdi un colpo rimani inesorabilmente spiazzato: le novità si susseguono a un ritmo davvero incredibile.

Adesso qual è il tuo interesse predominante?
«Tutto ciò che riguarda l'oriente. Per la verità è u interesse che coltivo da circa dieci anni, ma solo in quest'ultimo periodo l'ho approfondito come merita. Ho letto parecchi libri sto cercando di capire le lingue che usano. Non a caso nel mio nuovo LP ci sono alcuni brani in cinese e giapponese.

Musica ne ascolti molta?
«Sì, ma in maniera distratta, come tutti. Una volta mi tenevo informato, seguivo l'evolversi delle mode e cercavo di ascoltare le novità di un certo valore. Da un po' di tempo a questa parte, invece, ascolto la radio; tanto quello che mi entra da un orecchio mi esce dall'altro.

Questo modo sempre più veloce di «consumare» musica come musicista non ti spaventa?
«Mi spaventa di più il peso che sta assumendo. Ormai, almeno nel metro di valutazione di certa gente non importa più che sia buona ma che sia commercialmente valida. Così tu puoi scrivere le cose più belle del mondo ma se non rispondono a certi requisiti rimarranno sempre lì sole e sconosciute a tutti. Questo è un problema troppo grande perché possa risolversi da solo. 

Tutto musica e spettacolo
Il suo vero nome è Fausto Rossi. È nato a Sacile (Pordenone), nel 1954, ma vive a Milano da quando aveva 12 giorni! Avuta la licenza elementare, ha abbandonato gli studi regolari per imparare a suonare il pianoforte (è giunto all'ottavo anno). Il primo LP, «Suicidio", lo ha pubblicato nella primavera del '78 sotto l'etichetta Ascolto-CGD; II secondo, «Poco zucchero», esattamente un anno dopo (quell'album conteneva «Oh oh oh», probabilmente la sua canzone più conosciuta, con la quale ha partecipato al Festivalbar); e il terzo, «J'accuse... amore mio», nell'autunno dell'80. A questo punto, scaduto il contratto con la CGD, Faust'o ha deciso di ritirarsi spontaneamente dalla scena «ufficiale» per realizzare alcuni progetti sperimentali che aveva in mente: nella primavera dell'82 ha pubblicato «Out Now» (su etichetta FG), un album autoprodotto e fatto circolare attraverso canali «alternativi». Conclusa questa esperienza, ha inciso «Faust'o», il quinto LP (pubblicato pochi giorni fa dalla Ricordi). Collaboratore di lusso, Alberto Radius, che ne ha curato gli arrangiamenti assieme all'autore. Particolare curioso: Faust'o in questo disco usa ben sette lingue: oltre all'italiano, il francese, lo spagnolo, il tedesco, l'inglese, il giapponese e il cinese.

MEDITATE, GENTE MEDITATE
Bazar di R.G. 1983
Con l'aiuto dell'originalissima musica del poeta elettronico.
Ai tempi del suo esordio, che risale ormai a quattro o cinque anni fa, un ignoto cronista dalla fervida fantasia l'aveva ribattezzato «il poeta elettrico»: forse per affermare che non ne esistevano altri, in Italia, di interpreti come lui, capaci di coniugare con disinvolte raffinatezze liriche cupe, disperatamente metropolitane, con suoni altrettanto cupi e allucinati, resi ancora più secchi e freddi dal ricorso abituale alle «macchine da musica», come dire computer e armamentari simili. Il tempo è passato, ma Faust'O è rimasto lo stesso signore di allora; quello che si dilettava ad ascoltare David Bowie, Peter Gabriel, Pink Floyd e altri campioni del rock «alieno», a sviscerarne le più riposte virtù, a distillarne gli umori più sotterranei e - se vogliamo - finanche superflui: insomma, un musicista provvisto di sane propensioni monomaniacali, nell'accezione positiva del termine. In più, ora, ha raggiunto una dimensione poetica sufficientemente originale e personalizzata, fatta di profonde meditazioni » sulla filosofia (e sulla pratica) delle arti marziali giapponesi, sul «senso di morte che percorre trasversalmente tutta quanta l'organizzazione della cultura occidentale, sul modo di trasporre tutto questo - e altro ancora - in musica. Una musica poliglotta (oltre all'italiano, ricorre frequentemente all'inglese, al francese e allo spagnolo), fredda come una lama, acuminata come un punteruolo. Perfino crudele, a volte, visto il disprezzo con cui si rapporta al «luogo comune» della melodia tradizionale. Ecco perché «Faust'O», il quarto ellepì del Nostro appena edito dalla Ricordi (segue a distanza di tempo gli altri tre, tutti prodotti in casa CGD), è un disco interessante da ascoltare e da meditare. Magari un po' «penitenziale», come direbbe quel genio del pianoforte che è Giancarlo Cardini. Ma oltremodo utile per constatare che certi sentieri della Musica Giovane vengono battuti anche da noi, e non soltanto in Inghilterra e negli Stati Uniti.

FAUST'O
Arena di Verona  di Joy Yellow (Luciano Triolo) 1983
Con questo suo quinto album (senza titolo), Faust’O rinnova ancora una volta la sua produzione discografica.
Subito salta all’occhio, prima ancora che all’orecchio, il cambio di casa discografica (dalla “Ascolto” della CGD alla “Dischi Ricordi”).
La busta esterna è quasi anonima, a parte il buon gusto di Nanni Cagnone che l’ha curata,nel saper scegliere una foto tanto espressiva: un cielo nuvoloso al tramonto, la stessa atmosfera di tristezza che abbiamo in questa immagine del primo impatto, la si ritrova identica tra i solchi del disco, benché gli arrangiamenti delle canzoni non siano affatto cupi ed anzi ricordino addirittura, in alcuni tratti, tutti quei nuovi ritmi della musica Rock-dance mitteleuropea.
I testi, invece, ci mostrano ancora una volta la notevole capacità compositiva di Fausto Rossi (vero nome di Faust’O) e sono tratti da alcune poesie che l’autore ha scritto durante i passati tre anni e che sono pubblicati nella busta interna.
In tutto sono undici canzoni per una durata complessiva che supera di poco la mezz’ora.
Quasi tutti i brani hanno un ritmo ed una struttura ben precisa, solo “Rip Van Winkle” esce dai binari e si addentra nella sperimentazione, sia vocale che strumentale.
Ogni singola canzone ha, poi, una strana particolarità: tutte finiscono in uno sfumare addirittura forzato, quasi a lasciarci apparire che si tratti di composizioni incompiute. Oppure più semplicemente, prive di un finale particolarmente interessante da aver costretto l’ingegnere del suono ad adottare questa soluzione.
Per il resto il suono è veramente ben curato, grazie anche alla notevole preparazione dei musicisti, che vedono tra le presenze Alberto Radius (Chitarre), Roberto Colombo (Fairlight)e Umberto Rossi (Chitarra solista in due canzoni).
Se la promozione televisiva e radiofonica saranno ben curate, questo di “Faust’O” potrebbe risultare uno dei dischi di maggior successo del 1983.

AUDIO REVIEW 1984
Nato a Sacile in provincia di Pordenone trent’anni fa, ma già da tempo in pianta stabile a Milano, Faust’o è il più convinto assertore, tra i cantautori italiani, dell’equazione musica-sperimentalismo. La ricerca di nuovi suoni da innestare in fresche melodie è infatti la base dalla quale Faust’o parte in ogni sua composizione.
Paragonato frequentemente a Garbo per quel suo sguardo perennemente sperduto nel vuoto, per un costante uso di effetti elettronici, Faust’o si differenzia dal collega soprattutto per la maggiore poeticità dei testi. Alto, il viso scavato, una voce roca e accattivante, il carattere timido e aggressivo. Faust’o è un grande cultore  di arti marziali e meditative giapponesi, in particolare dello za zen, un’interessante forma d’introspezione.
Quasi nessuno, nonostante non sia “l’ultimo arrivato” nel panorama musicale italiano, conosce la sua faccia, questo per la sua scarsa disponibilità ad interviste e passaggi televisivi.
Faust’o, con la sua musica incalzante, il suo rock estetico, manierato, la rottura delle barriere nazionali (i brani sono proposti infatti in diverse lingue). I testi intrisi d’angoscia, terrore, impotenza, i continui riferimenti alle sonorità di Brian Eno, è insomma la rappresentanza ideale dell’attuale contraddizione della nuova musica d’autore.

ECCO FAUST'O IL BOWIE ITALIANO
L'UNITà  di Alba Solato MAGGIO 1983
Work in progress
                                                                                 
RECENSIONE Ciao 2001 di M.I. 1983
Fausto Rossi, milanese,in arte Faust’O, è nel panorama della musica italiana un personaggio emblematico, ovvero, per essere più precisi, un PERSONAGGIO-SCANDALO.
Considerato unanimemente un anticipatore della New wave modernista italiana, è anche un ispiratore diretto di parecchi suoi esponenti (tra quelli più conosciuti, i Decibel e il loro ex leader Enrico Ruggeri, in parte Garbo, più tutta una serie di bands emergenti). Ma mentre i suoi discepoli, più inclini di lui a farsi promozionare dai mass-media, raggiungono il successo di pubblico, lui paradossalmente è rimasto nell’ombra. Dopo tre anni per una grossa etichetta, dopo uno sperimentale e solo strumentale prodotto in proprio, Faust’O torna sul mercato con un quinto album. Se nei primi due album l’influenza di Bowie prima di tutto,e poi di gruppi come i Roxy Music o i primi Ultravox quando ancora erano guidati da Johnn Foxx, era ancora evidente, già nel terzo “J’accuse…Amore Mio” tali influenze si erano fatte meno dirette, più amalgamate e interiorizzate in un discorso musicale che tendeva definitivamente a una propria completa autonomia espressiva. Ora con questo LP, dopo la parentesi di quello sperimentale (Out Now),prosegue direttamente il discorso,con la maturità che deriva da un silenzio effettivo durato quasi due anni, ma anche da una attività personale di ricerca praticamente ininterrotta. Faust’O non è un “cantautore, nel senso usuale che si usa attribuire a questo termine, ma un pop-rock singer nel senso più evoluto di tale parola, di marca mitteleuropea che restrittivamente italico-mediterranea. I brani, testi e musiche, sono suoi, da solo o talvolta in collaborazione. L’album è stato registrato allo Studio Radius, e lo stesso Radius vi suona le chitarre,  riprendendo una collaborazione che era già iniziata agli esordi della carriera artistica di Faust’O. Come già accennato prima, si tratta del LP più maturo e personale dell’artista milanese. Se in “J’accuse… Amore Mio” prevalevano i toni nevrotici-apocallitttici, qui invece prevalgono i toni cupi, ossessivi, di una visionarietà urbana tutta intessuta di immagini verbali-sonore in rapida successione, quasi come il ticchettare di una telescrivente. La voce è molto migliorata, si è fatta più flessibilmente espressiva nei toni acri come in quelli più addolciti e velati, anche se altrettanto inquietanti. I versi spezzati e piegati a comunicare immagini-sensazioni immediati ci appaiono particolarmente in grado di esprimere un certo ritmo esistenziale della vita metropolitana europea. Il sound, come si è detto,è un rock cupo, ossessivo, modernista, altamente visionario nella sua essenza.
Tra i dieci brani, tutti peraltro notevoli,ci limiteremo indicativamente a segnalare “Ogni Fuoco” (poi ripresa nella finale “Ultimi Fuochi”).
“Stracci Alle Fiamme”e “Cinque Strade”, tre rock dai suoni secchi e incisivi come spade: la nevrotica “Jeraldine”, maggiormente legata a “J’accuse…Amore Mio”; le allucinate e sotterranee “Rip Van Winkle” e soprattutto “Alien”; e infine la morbida e acre pop-ballad “Ch’an Cha Cha” (anche su 45 giri), dal testo per metà italiano e per metà spagnolo, che costituisce il seguito ideale del precedente singolo di Faust’O, “Hotel Plaza”.








IN TV
Alien, Ch'an Cha Cha, Ogni Fuoco a Orecchiocchio rai 3 1983




Ch'an Cha Cha a Festival Inverno Pistoia rai 1983

Ch'an Cha Cha a Discoring rai 1 1983

Ch'an Cha Cha  a Azzurro 1983 rai (varie esibizioni)



Ch'an Cha Cha a PopCorn canale 5 (varie esibizioni) 1983


Ch'an Cha Cha a Rockstar rai ( la famosa mangiata di mela) 1983




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