Faust'o

Faust'o

lunedì 29 ottobre 2012

1982 Out Now


OUT NOW
Tutti Frutti N.1 1982 di Red Ronnie
Che fine ha fatto Faust'O? Come mai in un periodo in cui case discografiche e programmi televisivi cominciano a spingere un certo tipo di artefatti  pseudo-elettronici-allucinati, che se poi gratti un poco ci trovi il gruppo -per - tutta - la - famiglia - nonno - nonna - mamma - figlia, tipo Matia Bazar. Oppure incappi nel ragazzino-bene, intelligente e disponibile tipo Garbo. Ma che fine ha fatto Faust'O? In fondo è lui l'antesignano di un certo modo di fare canzonette miste all'elettronica in Italia. Questo disco non risponde ai perché, non soddisfa le curiosità morbose del pettegolezzo. Che sia stato silurato perché vendeva poco lo si deduce dal fatto che ben raramente le case discografiche non continuano a far incidere chi fa loro guadagnare. Che Faust'O fosse avanti con i tempi, nel contesto in cui operava, anche questo è evidente. Che infine dopo alcuni anni passati nell'industria musicale abbia accumulato una stramaledetta voglia di farsi i cazzacci suoi, beh questo lo si capisce dall'album in oggetto, e non bisogna essere degli psicanalisti per intuirlo. Innanzitutto Faust'O era un cantante. Benissimo, qui di cantato non c'è proprio nulla. Poi l'unica cosa che non faceva vendere i suoi dischi era la sperimentazione e le sonorità?  Meglio ancora, qui ci mettiamo solo di queste. Ne esce un disco sperimentale. Abbastanza elettronico, anche se sono presenti alcuni strumenti, come piano, chitarra, sax e basso. A parte qualche episodio ritmato, tutto il resto potrebbe essere classificato come "Ambient Music". C'è un solo brano cantato, anche se la voce è sepolta e mandata all'incontrario. Nel brano seguente, "The Sound of my walls" Faust'O sussurra sottovoce una storia in italiano. Questo e uno di quegli album che se l'avesse fatto Eno tutti si sbrodolerebbero ad incensare questa nuova svolta nell'ambito della sua Ambient Music. Invece e solo Faust'O e allora diventa difficile persino reperirlo. Io l'ho avuto dall'Expanded Music di Bologna, che credo gli dia una mano nella distribuzione. Oppure ecco l'indirizzo della FG Records: Via P. Da Vimercate. 2 - 20100 Milano. Se hai amato nel passato Faust'O è logico che oggi ascolti le cose che lui ama fare.

FLASH!
Ciao 2001, 1982 di A. O.
Proprio in Flash! di qualche mese fa si era parlato di Faust'O; Si era allora all'indomani dello scioglimento del contratto con la sua casa discografica, lo scioglimento di un contratto che arrivava al momento giusto dopo una lunga serie di vicende umane e artistiche non sempre improntate alla più limpida chiarezza reciproca. Oggi ritorniamo a parlare di questo musicista in occasione di un disco a 33 giri che raccoglie interessante materiale "di studio" intitolato "Out Now" stampato in mille copie per la personalissima etichetta F.G. costituita da Faust'O e dal suo produttore Guido Carota (con qualche inconscia assonanza per la EG di Eno, Hassell e CO.). "Out Now" è una raccolta musicale di appunti di viaggio del tutto particolare ed estranea alla discografia ufficiale di Faust'O (una discografia che conta ufficialmente "Suicidio", "Poco zucchero" e "J'accuse... amore mio"). E' un disco immaginato non tanto per la vendita quanto per soddisfare il desiderio di mettere nero su bianco (come sottolinea anche l'essenziale grafica di copertina) gli interessi più diversi di questo personaggio. Si tratta di un sogno quindi, ma anche di uno sfogo e di una poesia sonora tracciata sul muro con il gusto della provocazione e fuori dalla ferrea logica di mercato del "vendere a tutti i costi". Con queste premesse "Out Now" lo si deve ascoltare con l'orecchio attento a tracciare i progetti sonori futuri, lo si deve ascoltare come una base dal quale trarre le indicazioni per i prossimi lavori. Composto da lunghi brani, "Out Now" ricalca la sperimentazione elettronica e "ambientale" di altri progetti targati 'Eno/Hassel ma con una maggiore sintesi di linguaggio. Infatti là dove proposte simili tendono a divenire musica sfuggente e impalpabile, Faust'O dispone invece sbocchi melodici il più possibile aggressivi giocando con il differente spessore degli strumentisti che hanno partecipato all'incisione. Non musica d'ambiente quindi ma un ambiente {e uno spazio) visitato di volta in volta con urgenza e rabbia, con amore e dolcezza, con solitudine e speranza — sempre comunque con la curiosità di guardare tra le pieghe del fenomeno sonoro nel momento stesso dei suo formarsi e senza il confine della forma-canzone che ne limiti le possibilità. Oltre a questo disco però la strada di Faust'O in questo momento prevede altri traguardi: il primo è quello di un'attività dal vivo regolare e continua, il secondo prevede un disco "ufficiale" per riallacciare i fili (sempre importanti) con il mercato e recuperando la canzone {soprattutto d'amore) ma con un respiro compositivo e di contenuti che siano diretta conseguenza della sperimentazione di oggi. Per entrambi gli obiettivi, gli ingranaggi si stanno muovendo e speriamo che sia davvero "Out Now", fuori ora.

OUT NOW
CIAO 2001 di M.I.
Negli ultimi mesi ci siamo occupati diverse volte, attraverso brevi accenni, a quello che abbiamo voluto chiamare il caso faust'O. Volendo ricapitolarlo, diremo dunque che Faust'O, come hanno dimostrato ampiamente i suoi tre precedenti LP, è senz'altro uno dei musicisti italiani più originali e creativi della nostra new-wave. I Decibel, Garbo, gli stessi Krisma e numerosi altri esponenti della rinascita del rock italiano lo considerano nascostamente o apertamente come un punto di riferimento. Mancava infatti in Italia un rock-performer (la definizione di cantautore non sarebbe infatti applicabile a un personaggio come Faust'O) che riuscisse a fondere la percezione progressive, futurista, modernista e mitteleuropea con una sensibilità italiana non intesa nella troppo abusata formula ristrettiva della " mediterraneità ", ma in una universalizzazione ormai sprovincializzata del nuovo concetto di "centralità europea". Ebbene, come spesso accade ai discorsi anticipatori, i tre album di Faust'O, pur ottenendo la stima e l'attenzione della critica, hanno trovato diffusione presso un pubblico ristretto e attento, ma non sono riusciti ad attrarre l'attenzione del grande pubblico (anche per il fatto, bisogna dire, che Faust'O si è sempre decisamente rifiutato ad ogni compromesso espressivo). Così la sua etichetta discografica non ha ritenuto opportuno continuare a seguire il suo lavoro. Ora Faust'O, insieme al produttore Guido Carota che ha sempre creduto fermamente in lui, hanno fondato una propria etichetta, e si sono aperti a molte nuove esperienze, ponendosi come punto di riferimento per tutto il crogiolo di nuove esperienze che anima il nuovo underground musicale milanese. 11 primo concreto risultato di questa coraggiosa svolta — finora pressoché unica nelle sperimentate consuetudini del nostro paese — è questo album, interamente autofinanziato e autogestito. Come ce lo ha presentato lo stesso autore, si tratta di una parentesi nella evoluzione del suo lavoro: al contrario del prossimo — già in avanzato stadio di realizzazione — e dei tre precedenti, infatti, non si tratta di una collezione di roc'k- songs cantate. Vi figurano invece nove brani solo strumentali ove Faust'O e i tre musicisti che lo accompagnano (Amedeo Bianchi al sax, Riccardo Fioravanti al basso e Gianluca Foiani alle chitarre in un brano] mettono in scena una nuova musica underground, un 'passo avanti verso l'abolizione delle etichette e dei generi. Elemento comune ai brani è l'intelaiatura ritmica, ottenuta attraverso l'uso esclusivo di una rhythm machine elettronica. Il tocco spettrale di tale atmosfera viene rafforzato dalla manipolazione di nastri sotto un profilo cupamente inquietante. Così in «20-12-81- Orange» o nella arcana e modernista « Grey - Sand and wave », contrassegnata da uno sfondo misterioso di chitarre elettriche e da un sax in puro stile free. Se «Amedeos » resuscita in maniera nuova echi inferiori e ripetitivi che ci ricordano un Terry Riley "urbano", il piano impressionista di «Distant kotos» e il piano free jazz della lunga «The game of the sunset»  ricreano desolate atmosfere post-atomiche. Ancora colpiscono il sound barbaro e apocalittico di «A cup of tea», tra ritmi meccanici e folclore asiatico elettronicamente ricreato, e le misteriose dissonanze alle Eno di «The sound of my walls», con la traduzione italiana, recitata sottovoce, di una poesia di Dylan Thomas. Un album che certo la vecchia etichetta di Faust'O non avrebbe mai accettato di produrre poiché, come certi capolavori di Frank Zappa, privo di "potenziale commerciale". Una esposizione generosa di pura creatività (lo stesso Faust'O suona piano, chitarre e manipola nastri, rhythm-machine), che anticipa il nuovo album di canzoni rock che da Faust'O tra poco tempo ci aspettiamo.

FAUST'O IN CONCERTO
Di Enzo Gentile
Work in progress

















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Out now

sito ufficiale

sabato 27 ottobre 2012

1981



RICCARDO  SECCHI   INTERVISTA FAUSTO Eureka, Luglio 1981
Fausto, anagrafe Fausto Rossi, di ventisette anni, compositore ed esecutore di musica progressiva. Ha inciso Tré Album di successo limitato/orse perché si stacca in modo abbastanza netto dai canoni tipici della canzone italiana. Studioso di musica e ricercatore di nuove sonorità Faust'o è particolarmente attento agli sviluppi musicali della musica-rock concretatisi soprattutto in Inghilterra in questi ultimi anni. Non posa e fuma parecchio, quasi una sigaretta dopo l'altra.

Con che criterio componi? Hai delle illuminazioni improvvise oppure ti programmi?
Ma, io non ho un metodo preciso, l'unica cosa sulla quale cerco di fare chiarezza e comunque c'è un impegno abbastanza lucido è il momento in cui preparo tutta la linea di quello che sarà il disco, quindi a livello teorico naturalmente cosa mi interessa come più o meno dovranno essere i suoni, come dovranno essere i testi, dopo di che che prima arrivino i testi o prima la musica non cambia anche solitamente arrivano prima i testi, poi diciamo che ho un mio metodo per lavorare nel senso che io uso dei testi già fatti, ho un amico che scrive dischi, e mi servo di questi perché ha una metrica abbastanza precisa abbastanza regolare e le musico dopodiché metto altri testi.

Che tipo di preparazione musicale hai avuto?
Ho fatto degli studi abbastanza tradizionali.
Incominciamo col tuo primo disco "Suicidio".
Preferirei non parlare di questo disco. Non mi va assolutamente. È una cosa che ho cercato di dimenticare.

Il pezzo o la musica?
No, tutto quel disco!

Perché?
Così, era un periodo bruttissimo, periodo di confusione, anche se cercassi di ricordarlo farei fatica.
Forse perché il disco era piuttosto "slegato" nei contenuti?
Abbastanza disorganico, sì, be' fai conto che ci sono cinque sette anni di canzoncine fatte in periodi diversi, poi io sono entrato in sala in quel momento completamente sprovveduto. Non avevo idea di cosa dovevo fare ne di quello che volevo fare, con della gente che non aveva assolutamente interesse a lavorare su certe cose.

Mi avevi detto che tra un anno quando ti scadrà il contratto vorresti autogestirti. Ti aspetti ancora di poter sfondare qui in Italia?
Su questo che poggia tutto il mio discorso, quali sono i punti di arrivo, quali dovrebbero essere i punti di arrivo e quali sono le ambizioni di una persona, mi interessa realmente avere successo, mi interessa realmente vendere tanti dischi, la risposta è no a questo punto, non credo, io sono piuttosto intelligente e credo che avrei potuto fare altre cose e comunque guadagnarmi tranquillamente un posto anche se non tra i più forti, senz'altro un bei posto nella musica italiana, nella canzone italiana, è che soltanto tutto è venuto a marcire piano piano, non dico che la mia libertà non abbia prezzo, più o meno tutto ha un prezzo ma comunque altissimo, e non penso che la Cgd possa avere così tanti soldi da potermi fermare l'anno prossimo, io comunque qui che faccia ancora un disco o che non ne faccia non ci sarò mai più assolutamente! Ne qui ne probabilmente in nessuna casa discografica perché non mi interessa. Ho scoperto di essere veramente interessato alla musica e questo mi rende quasi invulnerabile, perché potrei fare benissimo qualsiasi altra cosa, potrei benissimo lavorare in qualsiasi altro posto tranquillamente e interessarmi alla musica, non ho problemi di successo, non sento più rivalità con nessuno, odio queste strutture non mi interessano più assolutamente, oltretutto dico che avremmo bisogno di fisici, di matematici, di elettricisti, ingegneri invece che di stupidi cantanti che usano la musica come mezzo per realizzare un modulo di vita da vitelloni, in un'altra società queste persone non avrebbero ragione di esistere.

Certo che le canzoni che vendono sono alquanto differenti dalla musica che fai tu!
Ci sono degli esempi tra l'altro illustri che si possono permettere questo perché hanno avuto una serie di situazioni, una serie di coincidenze per cui sono arrivati a essere molto popolari e tutto questo permette loro di fare delle cose estremamente interessanti, comunque estremamente interessanti per loro. Qui in Italia credo che non sia assolutamente possibile, voglio dire anche se Tozzi avesse un briciolo di intelligenza che senz'altro non ha, anche se l'avesse e tentasse di modificare la sua produzione visto che ormai ha raggiunto un grosso livello di popolarità non sarebbe più seguito, è talmente basso il tetto massimo di vendite qui in Italia che non si permette di cambiare strada, se lui vende tot dischi e dovesse cambiare ne venderebbe pochissimi e non c'è un pubblico e comunque probabilmente è un tipo di mentalità, voglio dire che il fatto di vendere ventimila o trentamila dischi ti permetterebbe benissimo di startene tranquillo e di vivere benissimo lo stesso, non benissimo ma bene comunque però la maggior parte della gente, se vede una sola possibilità di guadagno ulteriore, anche a costo di perdere quella che è la loro dignità non ci pensa due volte, Tozzi è un caso per esempio, però secondo me è molto meglio farsi le cose da soli se veramente interessa la musica.

Ma è tecnicamente e commercialmente possibile gestirsi da soli?

Beh, al massimo si può usare una casa discografica per i servizi che ti può dare, quindi la distribuzione se proprio dovesse essere necessario questo, ma io non ne posso veramente più di sentirmi dire: "il tal giorno devi fare Discoring"! Per quale ragione al mondo dovrei fare Discoring? Per quale ragione al mondo dovrei fare un'intervista con degli idioti? Non ha senso.

Faust'o sei abbastanza alternativo?

Ma sì, diciamo che questa gente è comunque prevenuta, questo di fatto per via di questo panorama che esiste in Italia per la musica che esiste qui, quindi già sono prevenuti perla musica di un italiano in più c'è il fatto che io mi presto a dei compromessi inevitabilmente, voglio dire che fino adesso per fare uscire un disco ho dovuto osservare anche certe regole, e comunque se i miei dischi non fossero piaciuti anche di qua non sarebbero usciti, e per piacere di qua devono essere in un certo modo. Credo quasi sicuramente che dal prossimo disco i testi saranno quasi completamente in inglese ed è una mia necessità, non c'è nessun'altra ragione, una mia necessità di continuare a fare musica con una lingua che non è assolutamente adatta, l'italiano, per una musica di questo tipo è una lingua da handicappati, non va assolutamente bene ed è inutile continuare a menarcela e dire si può fare con l'italiano, creare una situazione nostra, non è assolutamente vero l'italiano non si può usare in nessun caso.

Quando sei entrato in Cgd, pensavi di avere il numero di dischi venduti che hai adesso, pensavi di più o meno, cioè nella tua testa cosa pensavi, ritenevi che avresti potuto avere un successo maggiore?

Io direi che sono stato sempre piuttosto lucido in questo, ma anche perché probabilmente prima di fare dischi seguivo le cose da vicino, gente che già lavorava nell'ambiente, per cui sapevo che con questo tipo di musica non sarebbe stato facile vendere un numero di dischi sufficiente a continuare bene. Questo senz'altro, diciamo che probabilmente allora avevo altre idee per la testa, chissà che cazzo di idee avevo! Non so, probabilmente mi interessava avere successo, mi interessava fare delle cose, però c'è sempre stata questa incongruenza, il fatto di volere una certa cosa ma di non lavorare per quella, di fatto un tipo di musica che sapevo avrebbe avuto pochissime possibilità di riuscita e nonostante questo però mi interessava un certo traguardo e adesso non più, non ho nessun traguardo di questo tipo, assolutamente credo di essere ancora giovane per poter dedicare un bel pò di anni allo studio senza tanti problemi.
Studio come ricerca in campo musicale, un riconoscimento più qualitativo?

Sì, ma io sono dispostissimo a uscirmene fuori da tutta la scena, non mi interessa, io davvero ho scoperto che la musica è un grossissimo interesse per me e questo mi rende quasi invulnerabile, il fatto di poter lavorare su un certo tipo di materiale su certe cose mi rende tranquillissimo senza nessuna smania di traguardi strani, tutto sommato ti dico qualsiasi persona faccia questo lavoro qui in Italia comunque senz'altro ha come traguardo di vendere il maggior numero di dischi, del resto così lavorano le case discografiche, nessuno si prefigge un massimo di un numero piccolo di cose, nessuna casa discografica lavora sul "bene organizziamoci per vendere 30.000 copie", tutti lavorano sulla quantità, più cose si fanno meglio è, vediamo quanto vendiamo, più vendiamo meglio è!

Come giudichi questo?
È un lavoro abbastanza brutto e abbastanza disonorevole per chi fa queste cose perché ti porta a presentarti a un certo tipo di trasmissione e il fatto che io non le faccia mi rende ancor più indesiderabile, il fatto di essere poco disponibile, c'è un sacco di gente che non mi parla ha abbastanza paura di parlarmi, a propormi le cose per il timore di sentirsi mandare a fa' n culo, io devo fare delle litigate tremende qui dentro per evitare l'evitabile comunque, non riesco a evitare "Discoring" perché io come contratto dovrei fare qualsiasi cosa loro mi propongano! Incredibile! Quindi ci son certe cose che riesco a evitare con ragioni inventate magari e altre che sono inevitabili.

Quali sono state le proposte meno simpatiche che ti han fatto?
Com'è che si attua il condizionamento? I discografici ascoltano delle proposte e dicono questo ci piace, questo non ci piace?
Mah, non è proprio così, diciamo che tu fai il prodotto completo, dopodiché loro lo sentono e se ritengono che sulla carta è abbastanza vendibile, comunque proponibile si stampa e si cerca di venderlo, se ritengono che non lo sia il disco non esce. Per questo, da una parte c'è la prevenzione da parte di questa gente, dall'altra parte c'è un fatto che dicono che alla fine si senta che ci sia un prestarsi anche a questa gente anche se tutto sommato comunque è senz'altro una specie di alternativa al resto della musica che circola in Italia, di questo ne sono convinto però non abbastanza forse per spezzare questa catena di diffidenza e infatti
non ce l'ho assolutamente con questa gente, credo che tutto sommato facciano bene a essere rigidi, d'altronde lo sono anch'io, non vedo perché non dovrebbero esserlo loro.

Una volta libero dagli impegni con la tua casa pensi di realizzarti completamente?
Dovrei probabilmente. Probabilmente riuscirò l'anno prossimo, dall'anno prossimo riuscirò a fare quello che più o meno voglio, che più o meno mi interessa! Senz'altro sarà durissima perché autogestirsi non è facile perché bisogna tirar fuori dei soldi in prima persona, perché bisogna esporsi in prima persona, però a me sta bene così. C'è tutta una serie di trasmissioni che vediamo nelle TV private che secondo me sono ignobili: da Play-boy di mezzanotte di Telealto Milanese  a Grappeggia Show.
A queste cose non puoi assolutamente prestarti, non esiste! Io credo di aver fatto in quattro anni qualcosa come due televisioni private. A questo andazzo tipo "Discoring" che va bene, è abbastanza difficile potersi negare, non è molto facile, proprio perché anche loro se per le altre anche possono vedere che sono stazioni molto squallide in questi casi invece dicono "no. è promozionale, devi farla". Difatti è promozionale perche "Discoring" lo guardano un sacco di persone.

A "Crazy Bus" ti sei prestato però!
Sì, "Crazy Bus" è stata una cosa che ho fatto abbastanza volentieri, perché era una cosa, era una situazione tranquilla. Abbiamo registrato i pezzi in sala d'incisione e mi stava bene, tutto sommato non è che non voglia fare trasmissioni per partito preso, è che di fatto novecentonovantanove trasmissioni su mille sono ignobili e questo appunto mi rende lebbroso. Ormai faccio una fatica per comunicare qui dentro, non è più possibile e comunque sono contento di questa mia severità che salta fuori se mi da dignità. Sì ho pensato di riacquistare tutta la dignità persa e di riacquistarla tutta.

Vuoi parlarmi un attimo della tematica del suicidio che c'è sia nel tuo prossimo album che in "Piccole anime" in particolare?
Non saprei veramente cosa dirti! probabilmente avevo previsto questo, sono presentimenti quelli, di dire le cose non andranno bene comunque, e arrivare al punto di adesso e dire basta, e invece no, perché in "Piccole anime" io ho scritto quasi tutti i testi del disco. Alcuni sono insieme a un mio amico. Lui mi passava
una bozza di cose sulle quali lavoravo, erano tutte cose sul filo dell'inconscio e non mi sono praticamente accorto di quello che scrivevo, erano tutte visioni, cose di questo tipo e comunque sensazioni della durata di due secondi, non saprei spiegarti i testi assolutamente.

A me sembra che nell'ultimo album "J'accuse amore mio" specialmente nei testi emerge una certa lucidità!
L'unica cosa che avevo chiara in testa era questo filo di tensione è su quello che si è sviluppato il tutto, su questa tensione che si impone, sulla paura, tutta una serie di sensazioni abbastanza negative, però per me è davvero difficilissimo parlare dei testi, probabilmente che so potrei parlarne tra cinque anni, potrò parlare ma anche adesso solo "Poco zucchero" che è di solo due anni e mezzo fa è ancora un mistero per me.

Ti piace stare con la gente?
Sì, ma non mi fa neanche piacere di averne tanti intorno.

Non ti senti diverso per essere un artista?
No, anzi, io ho questa coscienza di essere in questo momento meno di altri. C'è gente che produce in qualche modo, io no, sto facendo assolutamente un cazzo, questo è gravissimo! Io ho parecchi sensi di colpa, io faccio un disco all'anno, otto canzoni o dieci che siano, mi sembra un po' poco, veramente pochino.

Col tuo lavoro pensi di riuscire a portare qualche valido messaggio costruttivo?
In futuro cercherò di fare qualcosa di meglio, ma in questo momento non credo di essere di grosso aiuto per la società, assolutamente. La mia posizione è abbastanza negativa, probabilmente ci sono delle situazioni molto più negative della mia. Quantomeno io cerco di smuovere qualcosa mi sforzo per questo però non è abbastanza, non è assolutamente abbastanza, non so, sono abbastanza difficili da spiegare queste cose, queste sensazioni.

C'è un pubblico ideale che potresti amare?
No, in pratica non esiste un pubblico ideale perché la divisione della musica porta così. Il pubblico ideale sarebbe quello della sala di concerto, ma probabilmente questo tipo di pubblico è talmente schizzinoso e sofisticato che non sopporta un altro tipo di musica ma solo certe cose, d'altro canto il pubblico che segue questa musica è probabilmente troppo ingenuo e in pratica non esiste un pubblico vero con cui verificarti poi ti dico già a me non interessa tantissimo la produzione dal vivo, probabilmente per un altro tipo di musica è importante, essenziale, e poi ti dico il fatto che vengano i gruppi quia suonare a me sta benissimo, sono contento che questo succeda però a me non va di farlo. Tra l'altro infatti non vado quasi mai ai concerti e vado magari al 2001 perché è un'altra situazione e poi anche uno sta lì ad ascoltare.

1980 J'accuse...Amore mio



Popster 1980 di F.S.
Si chiama Faust'o con l'apostrofo e sarà meglio ricordare al lettore che più di un anno fa si poteva leggere in un comunicato pubblicitario sui giornali specializzati che questo povero ragazzo si era perduto e che bisognava dare notizie quante più possibili sulla sua fine: Faust'o arriva come tanti da quella Milano che proietta sui suoi artisti la dimensione apocalittica della metropoli piena zeppa di contraddizioni, di luoghi comuni, di ricerche da parte dei suoi individui di un nuovo strumento di comunicazione che sia definibile fuori da qualsiasi metafora urbana, volta invece alla ricerca introspettiva di ciò che fa degli individui un elemento essenziale come ad esempio, il loro carattere, la loro personalità talvolta contorta spesso già affermata. Faust'o si affaccia al mondo della canzone e a quello non meno intricato del mercato discografico presentandosi come l'immagine speculare di un figlio di David Bowie, o forse meglio di Brian Ferry per i quali nutre amore viscerale. In questo riflesso immaginario c'è chi coglie aspetti solo negativi e per un certo periodo di Faust'o non si sente parlare granché. Il tutto viene rimesso in discussione allorché Faust'o si trasferisce dalla grande casa discografica a quell'etichetta collaterale che si chiama Ascolto, nata con il proposito preciso di dare qualcosa di nuovo all'«agonizzante» musica italiana. Lo spettacolo. È per questo che nasce in Faust'o una maggiore consapevolezza dei propri mezzi, una maggiore comunicativa espressiva che sempre di più e con sempre maggior forza si sgancia dalle immagini riportate dai grandi maestri del rock decadente addirittura cercando di creare di sé un'immagine quanto pii «progressiva» possibile.
Lo aiutano uno stuolo di musicisti, un gruppo di giovani strumentisti che dal vivo confortano l'artista con un sostegno continuo di indiscutibile qualità. Anch'essi provengono da quella fucina inesauribile di giovani musicisti milanesi alla ricerca di nuovi linguaggi espressivi, stando ben con i piedi per terra, alcuni di loro continuano a farsi le ossa al conservatorio, altri dimostrano già di avere conseguito una maturità di insieme invidiabile.  La scena di Faust'o è decisamente grezza ma non per questo poco suggestiva: la regia è affidata a Maurizio Salvadori, l'idea scenica a due giovani ex teatranti del teatro Pierlombardo di Milano, il fardello dei suoni a quella vecchia volpe di Albertone Radius che fa cose egregie al mixer. Faust'o ha un timbro di voce basso, estremamente vivo e soprattutto caratteristico. Ogni sua interpretazione corre sul filo della dimensione di un'aggressività e di una nonchance che ricordano molto le poche cose salvabili della new wave. Sul palco Faust'o, che fin dagl'inizi dello spettacolo cerca un contatto dialogante con il pubblico, muovendosi fra di esso ed offrendo rose rosse a tutti, cerca ulteriori agganci con l'audience mettendo a nudo certi meccanismi del trucco e giocando con sufficiente misura con una dimensione di uno specchio rettangolare alto che forse sta a rappresentare l'altro Faust'o, la sua immagine riflessa; lui il corpo, la sua immagine, il suo spirito. Al Picchio Rosso nota discoteca del modenese, famosa anche per le frequenti poco cordiali accoglienze che il pubblico riserva agli spettacoli della sera, la gente dimostra invece di apprezzare lo spettacolo di Faust'o nella sua interezza, nel suo eccellente impatto musicale. Forse sul piano dell'interpretazione molte cose sono ancora da rivedere, ma complessivamente la rappresentazione mostra che il pargolo dell'Ascolto è sulla buona strada e che i suoi sforzi ora andrebbero confortati da un adeguato successo di vendite discografiche. L'idea pur non rasentando se non in qualche punto l'originalità allo
stato puro, va lodata per il suo insieme piacevole e per gli sforzi di nuovi modelli comunicativi in essa inseriti. L'intervista. È breve, scambiando quattro chiacchiere con Fausto nel suo camerino mentre si sta risciacquando il viso.
P. Mi sembra che tu abbia un rapporto quasi di adulazione con il microfono.
F. Beh, in un certo senso hai ragione
P. Come mai?
F. Il microfono è tutto: io lo venero, mi inginocchio davanti alla sua asta perché lo considero lo strumento più importante dello spettacolo.
P. C'è provocazione nel tuo spettacolo?
F. Secondo te?
P. Beh quando ti lavi la faccia o ti trucchi così davanti a tutti, in parte credo che lo sia. .
F. Non è provocazione vera e propria, io cerco di portare alla gente la consapevolezza di quei misteri dello spettacolo che spesso le vengono negati. Truccarsi in scena vuol dire portare il pubblico nel camerino farlo diventare partecipe di azioni di cui in genere vede solo i risultati.
P. La tua camminata fra il pubblico all'inizio mi ricorda molto Poter Gabriel che incomincia i suoi concerti partendo dalla folla e cantando fra di essa.
F. È un caso te lo assicuro, io non amo molto Peter Gabriel, anzi non l'ho neanche mai visto. L'idea di dare fiori alla gente nasce spontanea per trovare subito un giusto feeling comunicativo.
P. Jagger gli rovescia addosso l'acqua.
F. Jagger può farlo, io al massimo illumino con i riflettori la folla facendo scomparire la mia figura dietro il riflesso della luce. Poi riappaio con un'altra maglietta.
P. Hai paura della gente?
F. Forse sì, in un certo senso. E solo la quinta uscita di questo nuovo spettacolo e credo ci sia ancora molto da mettere a punto...
P. Cosa significa trasformismo per te?
F. Andare avanti, filtrare nuove immagini cercando di rimanere sempre se stessi.
Credo sia la cosa più importante.

LA GUERRA E' SUONATA
Il primo soldato di questa guerra è appoggiato a una parete, Faust'O, immobile,guarda la battaglia senza partecipazione evidente. E' distaccato, sembra lontano. La sua voce è tesa, il tono è costante, quasi cupo, come sempre. Cambia solo quando, per la prima volta, coglie altre note, più alte, per chiamare la gente all'orrore della battaglia. «J'accuse... amore mio» è un disco di guerra. Perché?
«Scritto e cantato in tempo di guerra, cos'altro poteva essere?»
Quale guerra?
«La Terza Guerra Mondiale».
Quando è cominciata?
 «Da anni. Siamo in guerra da anni e ancora dobbiamo accorgercene. Viviamo con il terrore di una catastrofe nucleare e ancora non vogliamo credere che la vera guerra, è questa, questa vita vuota, uguale, rotta dagli spari dei più disperati».
Chi porta la guerra?
«Hai mai acceso un televisore? Hai mai letto un giornale? La guerra è morte, e la morte adesso ce la portiamo in casa, in diretta. E quando entra lei muore la nostra capacità dì reagire, di lottare. Si aspetta... Guarda le riprese alla Fiat, quando c'erano gli scioperi. Ma hai visto quegli sguardi, addosso e non sai da dove, quando spari e non sai a chi».
Ma chi è il nemico? «II nemico non si sa chi è, non ha più importanza saperlo. Siamo tutti in trincea, alle armi».
Chi sono gli alleati?
«Nessuno. Ognuno aspetta da solo. Si è soli, come sempre. L'illusione di poter insieme, il '68, il '77... Tutto finito; si torna a noi stessi ma è dura.  Io mi ci sono trovato dentro, non so altro, non so niente».
Ma chi combatte?
«Quelli che se ne sono accorti che cercano dì ricucire qualcosa, di mettersi insieme... Peggio di una guerra: in guerra almeno si sa quando finisce».
Cosa fa più paura, in guerre come questa?
«I diciassettenni. Mi fanno paura. Sono cosi diversi da me, che ne ho solo ventisette. Non parlano, sono capaci di stare soli, fare una cosa o forse un'altra per loro è lo stesso».
Quali sono i pericoli maggiori?
«La mancanza,di personalità. Se cominciassimo a trovare una nostra personalità, le nostre cose da fare, da dire,cose in cui credere».
Non c'è proprio più scampo?
«Ci può essere,a parte le soluzioni sulla terra io credo insomma, io sono convinto che gli extraterrestri ci siano, che possano servire anche a noi, a farei ritrovare, a darci di nuovo un'identità...».In tutto il mondo?
«Certo, anche perché il mondo oggi è in tutte le case. Ma hai visto quando'hanno fatto vedere le riprese di quel telecronista ammazzato in Nicaragua? Le immagini dei terremoti? Una volta, prima che le notizie ' ti arrivassero, passava abbastanza tempo perchè tutto diventasse passato, ovattato nella memoria. Adesso tutto ti piove addosso come se tu ci fossi sempre in mezzo,senza pace, senza un attimo di pausa. Crolla un palazzo a New York e ti sembra che sia caduto vicino a te».
J'accuse è un disco da combattente, quindi?
«Uno che vorrebbe solo stare a guardare. Di un soldato che combatte perché ormai è in mezzo alla battaglia. Ma c'è stanchezza, come in '"Hotel Plaza", tristezza, come in "Buon anno", rabbia, come in "Non mi pettino mai", nevrastenia, come in "Disaster".»
Nessuna.speranza, allora?
«C'è anche quella, in "Forse anche noi...", ma è davvero piccola. C'è perché non può non esserci. Per noi che ci siamo accorti della guerra, combattenti solitari, e per gli altri. Là mia arma è l'unica che so usare, la voce».
Fino all'eroismo?
«Non è guerra da eroi. E poi, gli eroi sono solo uomini impazziti. Adesso lasciami perdere».

NEOMUSIK
Ciao 2001, 14 dicembre 1980 di Manuel Insolera
Con J'accuse... amore mio, Fausto approfondisce i temi già affrontati nei precedenti due lavori: l'alienazione, l'angoscia quotidiana.
"Chi ha visto faust'o dalle scarpe gialle?". Con questo slogan senza senso, nello spazio pubblicitario di un quarto di pagina di giornale, cominciava due anni fa l'avventura artistica di Fausto Rossi, in arte Faust'o. La sua apparizione sulla scena musicale italiana spostava improvvisamente l'orizzonte ormai troppo tipicizzato del cantautore all'italiana tradizionale, per proporre un nuovo tipo di pop-singer, all'epoca per noi del tutto inedito. Se per parecchi tra i più noti cantautori il principale punto di riferimento più o meno rimosso era Bob Dylan, Faust'o compiva d'un balzo il "salto generazionale": i suoi modelli dichiarati erano Bowie, Eno,Roxy Music: insomma quella sorta di estetismo metropolitano, in presa diretta con le sfide del futuro, che di lì a poco in tutto il mondo avrebbe costituito il primo nucleo di una delle porzioni più interessanti della odierna New wave, quella del cosiddetto rock Afterpunk, del rock elettronico e futurista. Antesignano in Italia, Faust'o avrebbe aperto la strada a tutto il mini-movimento dai Chrisma ai Decibel, ai Revolver, eccetera, che ben presto avrebbe assunto la forma di quella che oggi si definisce comunemente la new wave italiana.
Ovviamente, il grande pubblico non si è ancora accostato alla musica di Faust'o che potremmo definire come un "pop-elettronico-estetico", legato ai temi della modernità, della glacialità, della mutazione. Un pop elettronico estetico formalmente fruibile, ma tematicamente di più complessa percezione: e solo in quest'ultima accezione, dunque, un pop d'avanguardia. Il primo album del 1978 "Suicidio" era prodotto ed arrangiato da Alberto Radius con testi e musiche di Faust'o.
Per l'Italia si trattava di un prodotto come abbiamo detto interessante, soprattutto per la sua assoluta novità. Anche se poi a livello strutturale le imperfezioni c'erano: dal sound a metà strada tra pop leggero e autentica glacialità, a una non ancora definitiva presa di distanza dell'autore rispetto al suo mondo ispirativo. Queste lacune venivano però colmate l'anno successivo, dal secondo album "Poco zucchero". Gli arrangiamenti raggiungevano e creavano l'esatto clima modernista, spettrale, etereamente elettronico più proprio ai modelli che Faust'o voleva incarnare. La presa di distanza funzionava a meraviglia, facendo guadagnare a Faust'o soprattutto una marcata personalità autonoma, tendente a svincolarsi dall'influenza diretta dei suoi modelli.

J'ACCUSE... AMORE MIO

Il terzo album di Faust'o che esce in questi giorni, è però senza dubbio il suo migliore, il più originale ed organico. Terminata la collaborazione con Radius, stavolta Fausto ha fatto davvero tutto da solo, con l'attenta collaborazione e cooproduzione di Mauro Paoluzzi. Il suono è diventato, rispetto ai precedenti LP molto più scarno, più duro. I testi, assolutamente neurotici, anch'essi secchi come slogan, spesso gridati, martellati, affrontano soprattutto situazioni pubbliche legati alla percezione di una catastrofe imminente. I temi principali prediletti da  Faust'O, l'orrore e «l'alienità », il suicidio, la guerra come psicosi, d'angoscia quotidiana, il gusto ambiguo della modernità sono presenti a livelli lucidissimi. E in tutto l'album serpeggia una incredibile, sotterranea forma di pressione. Dal punto di vista della paranoia modernista, « Retroattività » (frivola e amara). « Disaster » (un rock elettronico apocalittico e martellato) e« Buon anno » (una raffinata ballata tecno-pop) sono i bozzetti musicali più indicativi. E ancora, ricche di fascino sono «Piccole anime » (dedicata ad alcuni celebri casi di suicidio auto-omicidio... — di ogni tempo, con brani rabbrividenti cantati in inglese, francese, tedesco e latino); « Hotel Plaza » (una canzone spettrale e evanescente); e la cinica, acre (e in ogni senso conclusiva), «Forse anche noi». 

BOWIE. ENO E POI...

 Da che tipo di formazione musicale si è sviluppata la direzione della tua musica?
Naturalmente, per me tutto è cominciato con i Beatles e i Rolling Stones. Io sono nato a Sacile, vicino Pordenone, e lì c'era una base americana. Fu lì che nel 1969 cominciai ad ascoltare i dischi dei Velvet Underground e degli Stooges: dischi in Italia assolutamente sconosciuti. Per questo, quando poi venne fuori il rocK duro, i Deep Purple, i Black Sabbath, a me in confronto con Velvet e Stooges, non sembravano la fine del mondo. Seguendo questa linea, ho volutamente saltato tutto il periodo dei Genesis, VanderGraaf, Yes e compagnia. Il mio sbocco naturale è stato infatti Bowie e tutto quel che ne è seguito.
Da quale di questi  nomi, Bowie, Roxy Music, Eno, Lou Reed, Ultravox, ti sei sentito più direttamente influenzato, e perché?
R: Indubbiamente, da Bowie e da Eno. Entrambi soprattutto perché sanno, Eno in maniera intuitiva, Bowie in maniera più razionale, capire e presentare le cose con almeno uno o due anni d'anticipo sui tempi. In Bowie poi, mi riconosco anche nel feeling della scrittura dei testi.
Come mai per "J'accuse... amore mio » ha avuto termine la collaborazione con Alberto Radius?
Fin dal primo album, siamo stati spesso in disaccordo sulle soluzioni da dare agli arrangiamenti. Così, in buoni termini, per l'ultimo LP abbiamo interrotto il nostro rapporto di lavoro. E' tutto qui.
Lungo il percorso dei tuoi tre album si nota un allargamento progressivo da temi privati a temi pubblici. Come mai?
Per me è importante parlare soprattutto dei fatti che accadono ora, in questo momento, lo sento molto questa pressione, questa angoscia: il mondo è diventato piccolissimo, i mass-media e gli altri sistemi di comunicazione fanno sì che ogni fatto che accade è connesso con tutti gli altri, che ogni fatto di portata pubblica ha un'immediata influenza su ogni fatto privato e individuale.
La guerra?
Secondo me è già cominciata.
Il suicidio?
Sono affascinato dal suicidio, da questi esseri che decidono di troncare la loro vita con un atto radicale.
Perché in questo terzo LP, molte frasi delle canzoni sono in inglese?

Perché spesso esprimono con più immediatezza la sensazione esatta che voglio comunicare. E poi anche in funzione ritmica, in funzione del suono che voglio ottenere.
Da quando suoni il sintetizzatore?
E' una vecchia passione. Mi sono innamorato del sint da quando lo usò per la prima volta, con i Beatles, George Harrison. Ma allora in Italia non esistevano, e così prima facevo delle assurde modifiche sugli organi elettronici, poi ho cominciato con gli oscillatori...
Quali sono i tuoi programmi più immediati?
Ritornare a esibirmi dal vivo. Comincerò a Roma, verso la metà di gennaio. Avrò con me dei giovani è bravissimi musicisti: Franco Cristaldi, Giuseppe e Piero Cazzago, forse anche Mauro Paoluzzi: sono la prima formazione stabile che collabori con me, gli stessi che suonano anche nell'ultimo LP.
Faust'O a che tipo di pubblico ti rivolgi?
Non mi interessa il discorso commerciale facile. Mi rivolgo soprattutto a coloro che sentono le cose e vivono le sensazioni alla stessa mia maniera.

Ciao 2001, 21.12. 80
Da circa tre, quattro anni, il nostro panorama musicale si è andato popolando di artisti che con il '68 hanno poco da spartire, o perlomeno i riferimenti presenti sono più mediati ed inseriti in un clima ispirativo diverso. Volti e musiche decisamente meno provinciali di tante geremiadi sul gusto e sul costume che fatalmente cambia, che i cantautori ci hanno propinato durante la stagione del loro dominio felice. Ancora i mutanti non sono molti, anzi il numero è compreso in quello delle dita di una mano. E tra costoro due sono i nomi che maggiormente hanno cercato di far funzionare il loro gusto ed il loro talento, Krisma e Faust'O. I primi in un modo assolutamente internazionale, geniale e fuori da ogni schema classico, il secondo invece proponendosi nelle vesti di aristocratico cantore (in diretta) della caduta e morte della grande civiltà occidentale. Questo ragazzo ha all'attivo tre album, che sono piaciuti moltissimo a tutti coloro che apprezzano Lou Reed, David Bowie, ovvero i poeti rock della decadenza. L'intelligenza di Faust'O comunque è venuta fuori ben presto. L'artista .infatti ha tenuto ben presenti  i suoi natali mitteleuropei quando è entrato in sala d'incisione, e questo suo ricordare ha impedito la creazione di prodotti sterili, vuoti, insignificanti. La chitarra elettrica per noi abitanti del vecchio continente è uno strumento che ci lascia sottilmente insoddisfatti. E Faust'O è proprio partito da questa mai confessata insoddisfazione nell'allestire la sua atmosfera, nel raffinare il tocco espressivo. La sua musica è secca, nervosa, dai suoni glaciali come cristalli, guarda al futuro, a guerre atomico-mondiali, irride amaramente il presente, ma 'in 'fondo ha .il cuore nel passato, un passato di ordine e di "utopie" un passato che è stato l'ultimo tentativo raziocinante, l'ultimo baluardo allestito dall'uomo per .impedire 'il processo di autodistruzione che è iniziato da circa trent'anni. "J'accuse... amore mio" è forse il miglior album di questo giovane artista, che è riuscito a crearsi uno stile personale, anche in fatto di musica. -Rock, romanticismo ed elettronica trovano nei solchi dell'.incisione numerosi punti di decadente equilibrio, come nel caso della splendida "Hotel Plaza". 


LE QUATTRO SERATE DI ODISSEA 2001
 di g.b.
Tremila giovanissimi alla maratona «rock». Quasi mille giovanissimi sono venuti l'altra sera ad assistere all'esibizione di Faust'O che insieme a quella del complesso milanese degli Underground Life ha concluso la maratona del rock organizzata dalla discoteca Odissea 2001di via Forze Armate. Sono comunque più di tremila i fans della cosiddetta new wave, che hanno applaudito musicisti italiani e stranieri nel corso delle quattro serate di rassegna. Per quanto riguarda lo show di Faust'O, che aveva deluso un anno fa nel suo debutto all'Arco della Pace. La presenza del gruppo spalla «J'accuse» senz'altro ben preparato ha reso meno lunari le sonorità del singolare artista alla ribalta con canzoni tratte dai microsolco Faust'O e Poco zucchero incorniciate da un preambolo di musica impressionista. Anche i testi delle sue nuove creazioni appaiono frutto di una maggiore ponderazione e vengono proposte con gestualità professionale. Il  prodotto completo è comunque ancora mediocre e si perde nella moltitudine di proposte che il calderone rock nazionale continua a produrre.

DALL'ELETTRONICA AL FOLK Music News, 1980
Fino a poco tempo fa il più grande interesse di Faust'O era la musica elettronica. Ora, invece, ha scoperto la musica etnica... Lo hanno definito «poeta urbano», per quel suo amore abbastanza sanguigno che lo lega alla metropoli italiana per eccellenza: Milano. Faust'O Milano la ama davvero. Ci vive bene, o, meglio, con un certo disagio, ma in fondo è quel tipo di disagio esistenziale che gli permette di essere sempre proiettato in avanti, alla ricerca di colori e sensazioni nuove, di altre sfumature. Faust'O difficilmente è uguale a se stesso. Ed è proprio questo il suo modo di essere coerente: la ricerca, la continua scoperta di nuovi interessi lo coinvolgono a tal punto da fargli magari dimenticare (o comunque relegare in secondo piano) quelli che erano gli interessi del giorno prima. È un superamento continuo del tutto che conduce ad una estrema vitalità creativa. In pratica, quanto detto fin qui lo ritroviamo nei tre album che ha inciso fino ad oggi (i cui titoli sono: Suicidio, Poco zucchero e J'accuse... amore mio), che si differenziano alquanto l'uno dall'altro, pur inseguendo un unico obiettivo,  che è appunto quello  della ricerca, di un modo nuovo di intendere la musica.

TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO
Nei tre dischi che hai inciso fino ad oggi sei riuscito a far» esattamente le cose che volevi?
«Quando ho inciso il primo disco non sapevo nemmeno quello che stava succedendo, perché non ero assolutamente pronto. Il secondo e il terzo, invece, sono venuti come io li volevo in quel preciso momento. Adesso potrei desiderare altre cose, farli diversamente, ma in quel momento volevo esattamente quelle cose».
Tu cerchi sempre di superare il tutto di tè stesso, di trovare nuovi interessi. Come mai?
«Probabilmente se tendo a superarmi è perché in me c'è questa voglia di continuo rinnovamento di una  continua ricerca in diverse direzioni... Non voglio fare le stesse cose che fanno tutti gli altri. Vedi, io ho la possibilità dì incidere un disco all'anno. Nello stesso periodo di tempo escono
almeno altri cento dischi di quel tipo di musica. Pertanto, anche se non sono stato io a superare quella situazione, qualcun altro l'ha sicuramente superata. Quindi non mi interessa più. Per me è importante fare sempre cose nuove».
Per te esiste un punto d'arrivo?
«Di fatto non ho punti fermi. Se l'anno scorso parlavo di elettronica. Oggi mi interessa la musica etnica...».
Questo interesse per la musica etnica come l'hai scoperto?
«È molto tempo che mi interesso di musica etnica. Tanti anni fa già lavoravo sulla musica indiana. Recentemente, riascoltando un disco dei Talking Heads dove c'è una forte componente di musica africana, ho riscoperto questo interesse».
Nel tuo futuro, dunque, c'è la musica etnica?
«Sì, anche... Però attenzione: credo che sia abbastanza stupido fare la loro musica con i loro strumenti, per due motivi. Primo, perché è molto difficile. Secondo, perché sarebbe inutile, dal momento che ci sono già loro che la fanno. Secondo me la soluzione potrebbe .essere quella di fare la loro musica con i nostri strumenti, o viceversa, cioè la nostra musica con i loro strumenti. Ed io probabilmente con il prossimo disco farò proprio un'operazione di questo tipo, almeno per quanto riguarda una facciata».
Il lato «B», invece, come hai intenzione di impostarlo?
«Saranno canzoni, ma con una costruzione abbastanza atipica».

L'UOMO E IL COMPUTER
"Music News" supplemento di Boy Music N.28, 1980
Recentemente sono stati fatti esperimenti di dischi completamente computerizzati: nell'elaboratore sono stati inseriti tanti dati e ne è venuta fuori una canzone inedita. Cosa ne pensi?
«Fino a poco tempo fa pensavo che tutto questo fosse affascinante, ma oggi sono più cauto nelle valutazoni... Comunque, la musica ha bisogno di crescere: l'ultima vera invenzione risale a cinquanta anni fa, ed è quella della dodecafonia. Secondo me ci sono altre frontiere da varcare, e, se per superarle c'è bisogno del computer, ben
venga. Ma dietro deve esserci l'uomo».
Nel tuo terzo LP tratti un tema molto scottante: la guerra. Perché?
«Se devo dire fa verità, ho scritto tutti i testi di questo album probabilmente senza rendermi conto. Ho semplicemente messo per iscritto delle
sensazioni, delle visioni, rimanendo sempre ai limiti dell'inconscio, senza mai prendere completamente coscienza di queste situazioni che poi riportavo su un foglio».
Questo vuol dire che non dai importanza agli argomenti che tratti?
«No, vuol semplicemente dire che non saprei parlare dei miei testi, che
non so spiegarli».
Tu sei sempre stato molto polemico nei confronti della scena musicale italiana. Perché?
«Faccio una premessa: fino a poco tempo fa avevo paura di compromettermi scrivendo e suonando un certo tipo di cose. Più tardi ho scoperto che non è vero che non è paura di rimetterci la faccia o del compromesso: è che di certe cose non me ne frega assolutamente niente. Un certo tipo di canzone mi lascia assolutamente indifferente, non mi stimola. Anzi, probabilmente non sarei nemmeno capace di scriverle, ne di cantarle... D'altro canto, invece, sto riacquistando il gusto per certe cose. Un anno fa tutto quello che sentivo non mi piaceva, adesso invece ci sono alcuni dischi che ascolto molto volentieri».
Cosa è successo in questo ultimo anno? Cosa ti ha portato a rivalutare certe cose?
«Credo che dipenda dal fatto che io oggi non ho più nessun senso di rivalità.
Quello che fanno gli altri lo seguo, ma in maniera molto disincantata; quindi sono certamente più disponibile di prima... Per il futuro mi vedo su una certa strada, che non è più quella della canzone. Quindi, anche se in un certo senso ci sono ancora dentro, guardo questo mondo in maniera abbastanza distaccata: certe cose mi divertono, altre no. Ma mi fermo qui. Incazzarmi, giudicare, criticare non mi interessa più».
Tu non, hai mai suonato molto dal vivo. E' perché i costi sono eccessivi o perché non ti interessa il contatto con il pubblico?
«Fare serate non mi interessa. Non ho voglia di preoccuparmi di tutti i problemi, tecnici e no, che stanno dietro un concerto. Non rifiuto il contatto diretto col pubblico, ma non mi interessa andare davanti alla gente a cantare canzoni: voglio portare altre cose. e non perché io voglia fare il "colto" a tutti i costi, ma perché ho veramente bisogno di un po' d'aria, di cose diverse. Evidentemente questa continua ricerca è nella mia natura, ed è per questo che non sopporto tutta quella gente che lavora in un certo modo: come si può buttare via tanti anni cercando di vendere dischi ad ogni costo?».
Ci pensi mai al «dopo»? A quando non inciderai più dischi?
«Ho 27 anni, quindi so di avere molto tempo davanti a me, per cui posso permettermi di usare cinque o dieci anni della mia vita per studiare. Adesso ho in ballo un corso di elettronica e uno di armonia al conservatorio e poi tutta una serie di cose. Credo che la vita debba essere spesa in un certo modo. A me interessa la musica e allora lavoro per la musica, per l'evoluzione della musica».
Vuoi descrivere la tua giornata tipo?
«Ho scoperto che da molto tempo sono continuamente in tensione. Anche quando sembra che non stia facendo niente, continuo a pensare... Diciamo che la mia giornata-tipo per un buon 40-50% è riempita dai mio interesse principale, cioè la musica. Il resto lo passo a mangiare, dormire,  guardare la televisione. Mi interessa molto il cinema, anche se non ci vado spesso; e la lettura, anche se leggo in modo alquanto disorganico»
La vita metropolitana ti affascina sempre?
«Certe cose della vita metropolitana mi piacciono sempre, ma, come ho già detto, in me sono cambiate tante cose. Oggi la metropoli non mi affascina più come una volta, anche se faccio sempre fatica ad allontanarmi da Milano: in campagna non riuscirei mai a vivere, mi mancherebbero troppe cose.
Spesso parli della morte. È perché ti affascina o ti spaventa?
«Ho scoperto che molte delle cose che mi affascinano nello stesso tempo mi spaventano. Questo è uno di quei casi.
Credi che esista un «dopo»?
Penso che certe cose uno le debba sperimentare. Non che uno debba morire, no.  Ma se ci sono delle dottrine particolari che trattano quegli argomenti, buttatici dentro e trai le tue conclusioni... Ma non mi piace  entrare nell'argomento. Ogni volta che tento di farlo faccio una fatica enorme a parlarne.
Parliamo di una cosa più frivola: se qualcuno ti garantisse il primo posto in Hit parade, ovviamente a a costo di pesanti compromessi, tu accetteresti?
«Senz'altro! Vorrebbe dire avere a disposizione un sacco di soldi, con cui poter fare tante altre cose»
Pensi davvero che, una volta che uno ha rinunciato alla sua personalità, dopo riesca a fare le cose in cui crede?
«L'altra sera stavo guardando il film California poker di Altman, e il protagonista continuava a vincere. A un certo punto stava vincendo undicimila dollari; alla fine ne ha vinti ottantaduemila. Io ad undicimila mi  sarei fermato senza problemi. Perché credo che basti avere la coscienza di quello che ti serve per arrivare a un certo scopo.  Però il fatto di continuare a perdere tempo per cercare questo primo posto in hit parade non mi interessa assolutamente. Se mi dicono: fra tre o quattro mesi sei primo in hit parade, va benissimo.  Ma dopo, perdere ancora tempo, no.

L'ACCUSA DI FAUST'O
work in progress

FAUST'O & J'ACCUSE
work in progress

UN POETA ELETTRICO IN ASCESA
ROLLING STONE N 8 1980 di Riccardo Barbieri
work in progress






IN TV
Hotel Plaza a DISCORING rai 1




Retroattività- Hotel Plaza a POPCORN canale 5




Crazy Bus 1 febbraio 1981 Hotel Plaza




venerdì 26 ottobre 2012

1979 Poco Zucchero


ECCO FAUST'O, DANDY DECADENTE E PERVERSO
Il Giorno, 27 aprile 1979 di M.Ma
Nuovo recital del cantante a Reggio Emilia, 27 aprile 1979
Maschera emaciata e sofferta, lineamenti duri e sottili, o languidamente romantico, eroe decadente e dandy, grande estimatore dei protagonisti del rock diverso e maledetto, Velvet Underground di Lou Reed e David Bowie, attento alla rivoluzione sonora dei Roxy Music e di Brian Eno.
Faust'O cerca da anni con tenacia una dimensione italiana per un rock che sia soprattutto dimensione scenica, visualizzazione dei testi e del suono.
Alter ego del bellissimo Brian Ferry, distrugge il suo fascino con cinismo sprezzante, vestendo la vivida, straniante maschera del cabaret mitteleuropeo.
L'ambiguità del dandy «travesti».
Nel suo ultimo spettacolo, al Marabù che presenta in un ambizioso collage il suo secondo album. "Poco zucchero».
Faust'o scompare dietro una maschera che dipinge l'angoscia di bianco, si rannicchia schiacciato dal peso delle parole, dal cupo incalzare della musica, ricerca nel diaframma di vetro uno sdoppiamento e la risposta ad un'ambiguità di giochi e citazioni che trascendono la sfera della sessualità.
Il teatro di Peter Gabriel, le sperimentazioni elettroniche di Eno, il fascino crepuscolare e demodé di Ferry, la gestualità ambigua e stilizzata di Bowie sono i punti di partenza per un recital difficile da realizzare e consumare che, pur nelle sue smagliature, denota intelligenza e gusto sicuri.
La base musicale ricorda le sonorità tra R&R e avanguardia dei Roxy, con i sassofoni che riprendono le frasi brevi e incalzanti di Andy Mackay, la sinuosità classica dei suoi disegni, l'urlo delle iterazioni più ossessive, con il raffinato uso di tastiere e sintetizzatori, mentre scarsa è la spinta che viene dalla sezione ritmica, dalle chitarre.
La voce di Faust'O è livida e metallica, cita senza pudori padri e nipoti del nuovo rock, soltanto a tratti tradisce la paura e l'emozione di un esordio difficile.
Da quel che si è potuto intravedere. (lo spettacolo sarà pronto e definito in tutti i suoi particolari soltanto tra qualche settimana) non mancano di certo le idee e attenzione per quello che succede sulla scena internazionale.
Questo primo risultato, ancorché da limare, pone sicuramente Faust'O tra i piccoli o grandi protagonisti del rock del futuro.

d. m.
Il nuovo LP di Faust'o « Poco zucchero », il terzo dopo « Sucidio » e il singolo « Anche Zimmermann ».
Il suo rock resta estremamente raffinato, vivo, ricco di belle sonorità,di momenti diversi l'uno dall'altro, di veloci « insert », di bei passaggi.
E anche di piacevoli canzoni.
Tra tutte segnaliamo « Oh! oh! oh! », un brano d'amore nuovissimo, tenuto insieme da serie di veloci flashes, di immagini, da una bella ritmica molto vicina al reggae, dalla ripetizione isterica di « Oh! oh! oh- ».
Piuttosto bella è anche « In tua assenza » che dice « Sono stato nella stanza, a rompere specchi, nella tua stanza più segreta di nuovo, sui frammenti prende forma la memoria ».
II tema della memoria che viene distrutta e poi ricomposta su frammenti di specchi che hanno trattenuto qualcosa del passato e delle immagini riflesse, il mito dello specchio che non rifrange ma ritiene la realtà, si ritrova spesso nei testi di Faust'o.
Interessante, anche se musicalmente un po' più complessa (le trombe e altri fiati vengono a disgregare in modo intelligente la tematica rock) è « Cosa rimane »: Faust'o è stretto contro un muro, questa volta ben più duro di uno specchio che si può rompere per distruggere la realtà che ha assorbito, si spaventa e perde sangue dall'interno.
Infine segnaliamo « Vincent Price », anche questo sorretto da un testo piuttosto interessante: tratta del piacere del terrore che proviamo un po' tutti, quella sottile sensazione che lui chiama Vincent Price.
Ma una mattina ci alziamo, ci guardiamo allo specchio, e ci accorgiamo che siamo noi Vincent Price, che facciamo paura a noi stessi, che quel mostro riflesso dallo specchio è la paura e siamo noi stessi.
Faust'o ingenuamente e candidamente si spaventa di sé stesso.
Ma non tutti hanno il coraggio di farlo.

SOGNO DI ESSERE UN'INTERA ORCHESTRA
Emanuela Falcetti
Un caldo soffocante, molta gente, troppa gente, un rettangolo al centro, le piste da ballo rialzate, fari, luci colorate, un sistema di tubi al neon ad effetti psichedelici, bolle di specchi, rotanti pareti ricoperte da pannelli in alluminio satinato con inserimenti di effetti luminosi; è qui, all'Odissea 2001, il locale della rock music, che si è svolta l'intervista con Faust'o, protagonista in Italia della new wave.
Alto, magrissimo, un viso pallido e molto scavato che fa risaltare ancora di più lo sguardo assente, lontano.
Si muove a scatti e nervosamente; sembra molto chiuso in se stesso, nelle sue realtà, nei suoi pensieri, rifiutandosi di parlare del lavoro che svolgerà questa estate in due discoteche sulla riviera adriatica (come D.J. di musica rock), e della sua tournèe musicale che riinizierà a settembre con una serie di concerti nei più grandi teatri italiani. L'unica cosa che scioglie questa apparente freddezza è parlare di musica, della sua musica, del rock.
Come vivi il tuo rapporto con la musica?
 È un rapporto difficile perché ritrovo la musica al di sopra di tutto forse perché è roba proprio mia: che io creo, nella quale io credo e che fa parte di me; per cui lei è al di sopra di tutto: di quello che è il rapporto con una donna, di quello che è il rapporto con gli altri. Sei molto geloso di questo rapporto e lo vivi in solitudine, non ti porta a comunicare con gli altri.
Pensi che sia positivo?
 Non mi sono chiesto se sia positivo o meno, so che è così. lo sono solo, non in senso fisico, sono solo mentalmente; mi ritrovo solo con le mie idee e con il mio modo di vivere. Moltissima gente vive con le idee degli altri e si adatta alle idee di tutti per paura della solitudine.
Io non amo i  compromessi, non accetto di cambiare e così, pur avendo un'infinità di amici, sono veramente solo.
Con il tempo mi riscopro sempre più difficile nei confronti delle persone che mi circondano. Continuo a vivere in simbiosi con la musica, i pezzi che scrivo, e tutto è una continua ricerca in avanti per creare qualche cosa di nuovo, e questo ritmo non può che essere spezzato, da chi mi è vicino per questo faccio fatica a sostenere rapporti impegnativi.
Ho provato ancora ultimamente a collaborare con altri musicisti, ma è stata un'esperienza negativa. Sto arrivando al punto di imparare a suonare tutti gli strumenti per poter fare a meno di chiunque, almeno per i provini.
Disgraziatamente mi è venuta la passione per il sax, mi fa impazzire, ma io proprio non lo so suonare e così ho dovuto chiamare un altro sassofonista e dopo dieci minuti di prove avevo già un diavolo per capello!
Questa difficoltà nei rapporti con gli altri non ti fa star male?
Non più di tanto, trovo molte soddisfazioni in me stesso, mi voglio bene, mi capisco veramente e mi stimo.
Che cosa pensi di dare agli altri con la tua musica?
Non esiste un rapporto esatto preciso, io scrivo per me.
Quale personaggio ti ha influenzato con la sua musica?
 Sono molto affascinato da Brian Eno (il santone dell'elettronica) più che il suo modo di fare musica mi "prende" moltissimo il suo modo di pensare, di vedere il mondo futuro diviso in tante situazioni precise dalle quali non si può uscire (sono idee che io condivido).
Apprezzo moltissimo la sua ricerca continua applicata alla musica.
Pensa, ultimamente sta studiando addirittura l'applicazione della cibernetica alla musica; è decisamente un uomo proiettato in avanti.
Come definisci il tuo tipo di musica?
Io sono molto esteta, voglio dire: non mi interessa molto la sostanza delle cose, non mi interessa nessun tipo di messaggio e non ci credo nemmeno più, sono cose superate. Per me è molto importante l'immagine, il simbolo, cercare di dare delle sensazioni e questo mi porta a interiorizzare molto le cose. È un nuovo modo di vedere il rock, meno sanguigno, meno fisico, più estetico come ho già detto.
So che stai preparando un nuovo 33 giri: seguirà questo nuovo stile?
Sto preparando due facciate diverse: una presenta un tipo di rock ormai vecchio per me, ma il più facile da recepire per il pubblico. L'altra sarà la mia musica, quella che si può definire after punk o new wave, che devo dire, è molto azzeccato, perché questa nuova ondata di cose che sta arrivando dall'estero sarà effettivamente la musica del futuro, e io credo che nel futuro del panorama musicale italiano di un certo tipo di musica "ci sarò sicuramente"
Dai di te un'immagine molto particolare, vera... forse, ma questo puoi saperlo solo tu del resto. Chi sei veramente?
Non sono un uomo che ha rifiutato i sentimenti, ma semplicemente un uomo dei nostri tempi che non trova negli altri dei sentimenti veri.

UN UOMO SOLO: FAUST'O
Lorenza Giuliani, Guerin Sportivo 23 maggio'79
C'è un cantautore che porta sulla scena i segni dell'attuale dramma generazionale. E' un giovane che vuole rendere cantando la realtà di un'esistenza difficile: lo fa ricorrendo al rock, un rock duro e amaro.
IL PERSONAGGIO di Faust'o risulta a prima vista, famigliare, forse perché sintetizza le inquietudini e le vibrazioni di una grande città riproponendole sul palcoscenico mediante i simboli che meglio la caratterizzano. Fredde luci al neon, schermi televisivi, immagini filtrate attraverso lastre di plexiglass sono infatti ricorrenti nello spettacolo di Faust'o e contribuiscono a creare una cornice suggestiva entro la quale sono mimati la sconcertante freddezza e il distacco della megalopoli. La base musicale non poteva essere altro che rock, il più puro e duro, rock che di punk ha solo gli spunti iniziali e che ne raffina notevolmente gli sviluppi. Ed è proprio il rock l'elemento che più aiuta Fausto a spogliarsi di ogni identità indossando la maschera funerea e inespressiva che conferisce intensità ed efficacia all'atmosfera surreale creatasi. Faust'o sul palcoscenico si muove lentamente, meccanicamente e come il suo volto è privo di ogni spunto espressivo, così dalla voce non traspare la minima emozione; sembra che « di scena » non sia lui, ma un'intera generazione di individui che quotidianamente agisce e si esaurisce all'interno di una gabbia di cemento che esaspera ed aliena.

Fra punk, after-punk, new wave e il tuo modo di fare musica quali relazioni credi esistano?
« La mia musica viene senz'altrò dopo il punk ed è un rock nuovo, soprattutto in Italia, così anche la mia musica è una new wave».

Continuando il discorso sul punk, ritieni che questo fenomeno stia morendo, che sia stato un «bluff» o sei convinto che abbia ancora qualcosa da dire?
 « L'unica manifestazione di punk che ritengo seria, sincera, e quella del 1968-69 a New York.
Tutto il resto è stato un punk falsato, che non ho preso molto in considerazione ma il punk è morto, in Italia come in Inghilterra, già da un anno; infatti i gruppi che si definivano punk, come i Chrisma o i Decibel, si sono dovuti rinnovare ».

Quali differenze pensi esistano tra il Faust'o personaggio e quello della vita di tutti i giorni?
« In teoria nessuna. Se, nella vita privata, sono diverso è perché non devo affrontare le stesse situazioni che si creano sul palcoscenico. In questo caso penso che reagirei e mi comporterei nello stesso modo ».

Nei tuoi spettacoli ti avvali di un'atmosfera molto suggestiva, a questo proposito pensi che un tuo disco possa risultare meno interessante dello spettacolo?
« Secondo me sono tutti e due validi in modo diverso. Dal vivo e difficile riprodurre gli stessi arrangiamenti gli stessi suoni che nascono in uno studio, però il discorso che vuoi proporre è più completo appunto perché puoi aiutarti con la gestualità, con certe coreografie. Sia il disco che lo spettacolo hanno dei valori molto diversi che pero sono legati fra di loro».

Credi che oggi esista lo spazio necessario per chi vuole dire qualcosa, cantando o suonando?
«Devo premettere che io non ho fatto assolutamente niente per poter incidere un disco; mi ci sono trovato per caso e l'ho fatto, perchè mi divertiva. Comunque non capisco la gente che ha ambizioni di questo tipo, chi vuole entrare a tutti i costi in sala di incisione: per la canzone nessuno ha mai vinto il premio Nobel! Ci sono tantissime cose più importanti da fare. Io mi esprimo, sempre artisticamente, in tante altre forme più costruttive della canzone, ad esempio con la pittura, il teatro. La canzone è limitativa, riduttiva, perchè dura tre minuti e deve vendere per forza. Quindi tre minuti di una cosa che deve vendere non equivarranno mai ad un quadro di Picasso »

I tuoi testi non rappresentano ciò che si potrebbe definire « positivismo »; pensi che, in effetti, ci possa essere una via d'uscita?
« Mi ritengo positivo e lo sono nel momento in cui porto la realtà alla gente. Penso che la gente debba imparare a vivere nella realtà. Si potrebbe riassumere tutto in una frase di una mia canzone: "l'ospite è già stanco, lo scherzo è tanto vecchio e non c'è niente in palio", infatti per me qualsiasi cosa è già vecchia, già vista e, in sostanza, non ci si guadagna niente. Questa è la realtà, anche se molta gente la rifiuta ».

Gli specchi nel tuo spettacolo sono sempre presenti. Che significato hanno?
« Lo specchio è un'immagine di verginità, la stessa che troviamo continuamente nel quotidiano, nella politica, una verginità che si deve sfondare ma si può fare se la gente è attiva.  Ma con i testi vecchi, con storie romantiche di vent'anni fa non si arriva a niente. La gente deve essere attivata da un qualcosa, deve essere cosciente di ciò che la circonda, solo cosi può rompere lo specchio. Con questo non vorrei essere considerato un simbolico, perchè non lo sono; ogni elemento che uso sul palco ha un significato preciso: gli specchi deformanti sono effetti scenici, la lastra di acrilico serve per dare di me un'immagine molto fredda e staccata e le luci al neon arrivano alla creazione di tali situazioni gelide, quasi allucinanti nelle quali mi trovo molto a mio agio ».

Rispetto a « Suicidio », tuo primo LP, cosa è cambiato in « Poco Zucchero », il nuovo album?
« Il primo rappresentava, come dice il titolo, il trauma atroce che si riceve entrando in un ambiente come quello della canzone, un ambiente nel quale le alternative sono solo due: divertirsi o diventare pazzi; il secondo LP pur essendo più maturo è l'espressione di un momento difficile, è un album che contiene veramente "poco zucchero"!».

LA SOTTILE VIOLENZA DI FAUST'O
Ritrovare dopo un anno Faust'O (in verità si chiama Fausto Rossi) è anche come avere la conferma che l'indifferenza con la quale è stato accolto il suo esordio (ricordate Suicidio?), non aveva, come dicevamo allora, una giustificazione precisa. Questo suo nuovo LP Poco zucchero (Ascolto) ci riporta un musicista con tutte le carte in regola per consentire di aprire sul suo conto un discorso che non potrà non interessare chi ha a cuore le novità che qualificano il campo della musica leggera. Faust'O a una maggior compattezza stilistica ha aggiunto un più coerente uso del linguaggio. Quindi un disco tutto da ascoltare, raffinato, incisivo, che coinvolge immediatamente a vari livelli: come avviene appunto in Vincent Price e in Funerale a Praga, due brani di buonissimo livello

Il Tirreno, 4.7.79
«Poco zucchero» - Ascolto. Distribuzione. Messaggerie musicali. Faust'o il metropolitano, l'ambiguo, il transessuale, Faust'o punk, Faust'o rock decadente, Faust'o uno come Renato Zero un cuginastro, Faust'o l'emarginato, Faust'o vedi Bowie. Quanto si è detto e Faust'o dopo il suo primo LP «Suicidio» è solo ciò che Faust'o non è: come sempre quando appare qualcosa di forte e di nuovo, si tende a definirlo in modo riduttivo. ricorrendo ai modelli di cui già si dispone. Ma il giovane interprete di «Poco zucchero» non è l'ovvia replica di qualcosa: Faust'o è il presente in tutta la sua evidenza. Una musica dura lucida, una voce insieme fredda e sensuale che dice la delusione come condizione reale dell'esistenza, che parla per immagini, evocando cose. Giunto al suo secondo importante appuntamento discografico Faust'o riporta in questa sede tutto il bagaglio di esperienze accumulato nel frattempo, reso criticamente al vaglio di nuove e più lucide prospettive.
Tra i brani nuovi si segnala «Vinccnt Price» dove Faust'o prende a prestito la figura del più classico interprete di Dracula per coagulare il senso del proprio vissuto. Viene «ripescato» «Kleenex», brano già in circolazione in un precedente singolo, e decisamente ne valeva la pena. qui c'è già tutto Faust'o. Il tono acido e disincantato, il suo modo di stare tra le cose senza appartenere a nessuna ma guardandole in faccia tutte. Non meno suggestive «II lungo addio». «Attori malinconici» «Cosa rimane», «Oh. oh. oh'». «In tua assenza» e «funerale a Praga»: difficile affrontarne i contenuti molto spesso mimetici riposti tra le pieghe del significato. Difficile, in sostanza, parlare di Faust'o con le parole di sempre. con gli schemi dell'abitudine e del conformismo: anche in questo caso non si può fare a meno comunque di prender atto dell'ottimo rock che sta alla base della sua musica un rock teso, coi nervi e i carattere dei nostri giorni» Giudizio, ottimo.

Ciao 2001, 15 luglio 79
Lou Reed, Lucio Dalla, Dario Argento, Paola Borboni, Marlene Dietrich, questi alcuni nomi a cui Faust'o al secolo Fausto Rossi, ha dedicato il suo Lp. Che cosa può esserci in comune tra le persone citate e Faust'o? Probabilmente se si esclude Dalla, un certo filo di perversità, un certo filo di ambiguità. insomma, una sorta di estetismo decadente, pervaso in alcuni casi da una sottile violenza. Il primo album di Faust'o intitolato Suicidio, è uscito circa un anno fa nell'indifferenza generale, eppure inaugurava forse nella musica italiana un nuovo processo di svecchiamento. I testi che Fausto canta sono scritti in italiano ma il loro spirito è europeo (nordico o mittel-europeo) come europeo è il rock a cui essi sono legati. Nel ricercare le origini ispirative della musica di Faust'o i più attenti parlano di David Bowie e di Roxy music, i più distratti parlano di Punk rock. ma entrambi sbagliano. Certamente il rock di Faust'o risente sia dell'estremismo metropolitano di Lou Reed che dell'estetismo futurista di Bowie, ma in primo piano resta pur sempre la personalità catalizzatrice dello stesso Fausto. Con il punk-rock non c'è addirittura nulla in comune, la violenza dei testi e delle musiche di fausto non è rozza e minimalista come nel punk, bensì cerebrale, rarefatta, sempre indirettamente suggerita. Insomma, se proprio se dovesse dare un etichetta al solo scopo di indirizzare il lettore, parleremo forse di after punk, perlomeno come indirizzo generale. ad un anno di distanza da Suicidio, il nuovo Poco Zucchero ci presenta un musicista maturato tematicamente e stilisticamente: infatti mentre le canzoni del primo lp erano state scritte in differenti periodi ed erano dunque maggiormente discontinue sia come ispirazione che come linguaggio, in Poco Zucchero si realizza una nuova compattezza creativa, la consapevolezza di un proprio autonomo linguaggio. Gli arrangiamenti sono quasi tutti dello stesso Fausto, da solo ed in collaborazione con Alberto Radius, co-produttore dell'album insieme a Faust'o e con la complicità di Oscar Avogadro, quale produttore esecutivo. gli arrangiamenti dunque, dominati dai sintetizzatori quasi sempre suonati da Fausto, dal modernissimo sassofono di Claudio Pascoli, e dalla scarna ed incisiva sessione ritmica di Walter Calloni e Julius Farmer, sono messi al servizio di un rock estetico e spettrale, che riesce a mantenere nella sua incisiva comunicativa, uno spiccato distacco intellettuale. tra i brani il più immediatamente comunicativo è Vincent Price, una sorta di Horror-comic-rock un po' Dario Argento ed un po' Roman Polanski, tra i quali glaciali ed inquietanti segnaliamo la sussurrata Kleenex (già apparsa mesi fa su 45 giri). la rabbiosa Attori Malinconici la più lunga e sperimentale Funerale a Praga, a metà strada tra il gotico e la modernità.

Nuovo Sud 23 giugno 1979
Con etichetta Ascolto, cantautore metropolitano Faust'o ha pubblicato il suo secondo LP dopo i notevoli consensi dei critica relativi al suo primo "Suicidio".Le caratteristiche musicali sono le stesse del precedente lavoro discografico, vale a dire rock molto sincopato sul filone dei punk e testi molto aggressivi. Il titolo "Poco zucchero" è in questo senso molto esplicativo.
Sorrisi e Canzoni 1979
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Viso tormentato, Faust'O esprime un proprio mondo inquieto, una realtà che è di tanti giovani.
I pezzi dell'LP:"Poco Zucchero" sono da ascoltare più volte.
Citiamo: "Vincent Price", "Kleenex", "Funerale a Praga".
Tanti collaboratori: Radius, De Piscopo, Farmer.


POCO ZUCCHERO, GRAZIE
Un rock glaciale, testi duri e lucidi che poco concedono alla liricità o al sogno: con Poco Zucchero, secondo appuntamento discografico per Faust'o, il musicista milanese si conferma un personaggio in grado di disporre un discorso del tutto personale. « Poco Zucchero »», un titolo che da solo è già sufficiente per comprendere il senso del nuovo album di Faust'o. Di zucchero, infatti, nel secondo disco di questo giovane musicista milanese ce n'è davvero poco. Un rock glaciale e penetrante, teso in una continua ricerca estetica, testi che poco o nulla concedono alla liricità, duri ed inesorabilmente lucidi, una voce a tratti fredda e a tratti sensuale ma sempre espressiva di una realtà che non lascia spazio al sogno. Sono questi gli ingredienti della scelta musicale di Faust'o che, alla sua prima apparizione sul mercato discografico avvenuta lo scorso anno con « Suicidio », gli sono costati l'attribuzione di un'infinità di etichette: punk, transessuale, decadente, immagine speculare di David Bowie. Definizioni spesso vaghe e, come tali, riduttive; Faust'o ha indubbiamente (e dichiaratamente) subito l'influenza di personaggi che hanno un ruolo di primaria importanza nell'evoluzione del rock quali Bowie, Brian Ferry, Eno, ma appare per lo meno semplicistico interpretare il debito artistico che Faust'o ha nei loro confronti in maniera esclusivamente negativa. Con « Poco zucchero » Faust'o riesce a dare un'immagine di sé autenticamente progressiva che consente di inquadrarlo non più come semplice replica dei grandi maestri del rock decadente, ma come un musicista in grado di condurre un discorso personale nel Faust'o panorama « after punk » internazionale. Privo di ammiccamenti, questo secondo LP di Faust'o non concede nulla al facile ascolto e per questo richiede un approccio attento che porta a scoprire le qualità del disco lentamente fino a rimanerne coinvolti. L'interprete-autore di « Poco zucchero » più che descrivere una situazione offre delle immagini quasi « fotografiche » che prendono vita nella mente dell'ascoltatore; una scelta non facile ma che, una volta acquisita la chiave di lettura del linguaggio di Faust'o, risulta indubbiamente efficace. L'impatto musicale è perfettamente funzionale al tono acido e disincantato della voce di Faust'o; un rock teso che può apparire come meccanico e freddo, assume progressivamente una forma di comunicativa a sé; fatta di colori sfumati e d'immagini musicali suggestive. Alla realizzazione di « Poco zucchero » hanno collaborato vari musicisti, da Alberto Radius, che con la sua chitarra svolge un lavoro quasi «sotterraneo », a Walter Calloni, batterista che, insieme al basso di Julius Farmer, riesce a dare una dimensione ritmica precisa ed incisiva. Essenziali, per il sound del disco, gli interventi dei sax di Claudio Pascoli che ancora una volta sorprende per la sua ecletticità, riuscendo a regalare momenti emotivamente molto carichi al rock sintetico di Faust'o.
Accanto agli strumenti tradizionali della musica rock si inserisce, in due brani, il violoncello di Piero Milesi; una operazione riuscita che dimostra che alla base del disco c'è una ricerca musicale in continua evoluzione priva di soluzioni gratuite e in grado di offrire un impasto sonoro nuovo ed espressivo. Il tutto viene stravolto attraverso echi digitali, filtri di banco e filtri di sintetizzatori, strumenti ai quali Faust'o si dedica da tempo.
ROCK SINTETICO
2001: Vorrei che mi tracciassi un parallelo tra « Suicidio » e « Poco zucchero ».
FAUST'O: « Tra i miei due dischi c'è una differenza di linguaggio che reputo piuttosto importante. Se per quanto riguarda il mio primo LP si può parlare di testi aggressivi, addirittura violenti, in « Poco zucchero » mi sono indirizzato verso una visione più lucida che lascia all'ascoltatore un grosso spazio interpretativo ».

2001: Ma dai più importanza al linguaggio o al contenuto?
FAUST'O: « Io subordino il contenuto al linguaggio, proprio per lasciar libero chi ascolta le mie canzoni di interpretarlo. E poi io non credo nella canzone come veicolo di un messaggio, a meno di una precisa scelta che non può non andare a discapito della canzone stessa. Non finalizzo mai un mio brano, in nessun caso mi prefiggo uno scopo, se si esclude il piacere che provo nel comporre ».

2001: Quale pensi che sia il destino della melodia nell'evoluzione del rock?
FAUST'O. «Penso che manterrà un'importanza fondamentale. Infatti, anche se ad un ascolto superficiale dei miei dischi può sfuggire, io ritengo la melodia importantissima e il fatto che poi la « nasconda » sotto delle basi musicali piuttosto fredde coincide con una mia precisa scelta estetica ».

2001: Il sintetizzatore nei tuoi dischi ha un ruolo di primaria importanza; lo consideri lo strumento del futuro?
FAUST'O: « Non me lo sono mai chiesto, so solo che lo trovo adattissimo per il mio tipo d'espressione musicale Da ormai molti anni sto svolgendo uno studio approfondito e costante sul sintetizzatore che io non intendo assolutamente sfruttare per creare delle situazioni d'automatismo. Al contrario, credo che questo strumento offra delle possibilità musicali ricchissime che io voglio verificare ».

2001: Oltre che sull'impatto musicale nei tuoi spettacoli ti avvali anche di trovate sceniche particolari, come, ad esempio, quella di passeggiare tra i1 pubblico regalando rose. C'è provocazione in questi tuoi gesti?
FAUST'O: «No, non credo che si possa parlare di provocazione vera e propria. La idea di dare fiori alla gente nasce semplicemente dall'intenzione di creare immediatamente un rapporto comunicativo, e il compiere questo gesto con un fare molto distaccato deriva dal fatto che io credo molto nel significato insito in ciascun oggetto. Una rosa è di per sé in grado di offrire una sensazione ben precisa ed è perciò inutile che io l'accompagni con un'altra sensazione ».

2001: Fin dalla tua prima apparizione sulla scena musicale sei stato caratterizzato da una "immagine" precisa. E' difficile avere una personalità da sostenere continuamente?
FAUST'O: « Sulla scena riesco ad esprimere me stesso e non un personaggio precostituito che non mi appartiene, per questo mi vivo benissimo. Non c'è differenza tra la mia vita privata e quella di musicista, al di là di quella che sul palco si vivono situazioni diverse che nella vita... ».

2001: Come pensi che ci si debba accostare ad un disco come « Poco zucchero »?
FAUST'O. « Credo che lo scopo principale di chi compra un mio disco sia il divertimento, il piacere di ascoltare della musica. Per ciò penso che non sia il caso di finalizzare una canzone per fare della cultura; io cerco solo di dare un'alternativa ad un certo tipo di musica di facilissimo ascolto
che nasce già "digerita"».

2001: Per quanto riguarda la situazione musicale italiana, ti senti solitario nel dare questo tipo d'alternativa musicale?
FAUST'O: Ci sono dei gruppi molto validi come i Chrisma e i Revolver, che hanno appena inciso un disco interessantissimo. Il rock è una musica
ancora tutta da scoprire che ha di fronte un orizzonte molto vasto e anche in Italia, finalmente, c'è qualcuno che si sta accorgendo che non esiste soltanto il rock dei Deep Purple e dei Led Zeppelin».

2001: Nelle tue canzoni sei ottimista o pessimista?
FAUST'O: « Nessuno dei due. Credo di essere riuscito a scrivere dei brani realisti e molto lucidi, senza contaminarli con emozioni personali ».

2001: Però, a chi ti ascolta di emozioni ne vuoi dare...?
FAUST'O: « Voglio solo offrire dei quadri diafani che l'ascoltatore può colorare con le proprie soggettive emozioni ».

Il Monello, 27.7.79
Friulano di nascita, ma milanese d'adozione, Faust'O si è appassionato alla musica fin da ragazzino. Ha studiato pianoforte al Conservatorio, ma più che Wagner o Beethoven, i suoi idoli erano i Beatles. Dopo la sua partecipazione al Festival di Sanremo e il successo ottenuto dal suo LP - Suicidio  Faust'O ha inciso un nuovo 33 giri intitolato  Poco zucchero con cui sì propone di fare nuovamente centro. Faust'O, il cantautore di origine friulana che ha deciso di chiamarsi così perché il suo vero nome (Fausto Rossi) gli sembrava troppo anonimo. partecipa al Festivalbar con una canzone originale: « Oh! Oh! Oh!», che sta riscuotendo un buon successo spacciatore di minuziose solitudini, troppo ingenuo per appartenere a qualcosa, troppo deluso per tacere...

Fausto si presenta con queste parole a chi gli chiede : chi sei?

Ma senza aggrapparci a considerazioni di tipo esistenziale, andiamo a dare una veloce occhiata al suo curriculum di uomo e di musicista. All'anagrafe risulta friulano, anche se non ha avuto neanche il tempo di respirare l'aria di quella regione fiera e malinconica allo stesso tempo, sprofondando dopo solo dodici giorni di vita nello smog della Milano del '54.
Faust'O è un tipo che non ha avuto neanche il tempo per giocare con i soldatini o le automobiline, preso com'era dalla musica fin da bambino, quando studiava pianoforte ai conservatorio.
Piccolo particolare: al posto degli austeri spartiti di musiche di Bach o Wagner.
Il Nostro si sgranchiva le dita con le musiche dei Beatles...
Man mano che cresceva riempiva la sua stanza di dischi e strumenti musicali dai quali si allontanava malvolentieri, anche solo per trasferirsi in sala da pranzo a mangiare.
I suoi idoli, o perlomeno i suoi artisti ideali erano Lou Reed e David Bowie, all'epoca guardati abbastanza sdegnosamente dalla critica ufficiale.
In Italia nacquero i nuovi cantautori, la musica pop era in fase calante, e Faust'o non per questo si staccò da quest'ultima.
Anzi, un motivo in più per andare avanti, per creare qualcosa che tenesse ancora in vita il pop di casa nostra.
E lo scorso anno nacque il suo primo ellepì, « Suicidio », in cui trovava posto tutta la sua rabbia accumulata contro il mondo intero.
Fenomeno inconsueto per un opera prima «Suicidio ", è stato accolto molto bene, al di là di ogni aspettativa,
 « In effetti mi aspettavo un certo successo da quel mio primo ellepì. convinto com'ero e lo sono tuttora di portare qualcosa di più attuale nei panorama musicale italiano», dice Fausto, sicuro di sé.

Adesso è in circolazione il suo nuovo 33 giri,  « Poco zucchero », che sta ricalcando lo stesso discorso del precedente anche se ha qualche innovazione in più.
Soprattutto sul piano musicale e che in vari concerti che ha tenuto in mezza Italia ha messo ancor più in evidenza.
Suoni che vanno oltre lo spazio musicale per invadere quello elettronico con un gran uso di sintetizzatori e addirittura dei piccoli computer.
I suoi spettacoli non sono tiepidi, non sono prettamente musicali, ma confinano con il teatro e per questo fanno discutere il pubblico.
Sono degli happenings provocatori, come i testi delle sue canzoni.
« A me le vie di mezzo non piacciono » dice Faust'O riferendosi ai suoi spettacoli.
« O il pubblico è con me, oppure è contro di me. Ed io lo vedo che discute, che si anima. E questo per me è il massimo, perchè significa che il mio lavoro è « vivo ».
E questo spiega anche il successo che ha ottenuto nella sua tournee. Successo che si è naturalmente tramutato in vil denaro, che per quanto vile a Faust'O è servito per acquistare nuove diavolerie elettroniche con le quali trascorrerà l'estate, lontano da tournée balneari.



OH OH OH / IL LUNGO ADDIO
MUSIC 1979
Ambiguo, provocatore, musicalmente indefinibile, Faust'O con questo 45 contemporaneo al suo secondo album propone un brano beffardo e grottesco che, per il ritmo pulsante che l'accompagna, può funzionare anche in discoteca.

Il Monello N.29, 20 luglio 79 
Faust'o è tra gli artisti che parteciperanno al Festivalbar '79. Bizzarro e simpaticissimo (che aveva già ricevuto consensi a Sanremo)  sta salendo vertiginosamente fra il novero degli artisti più quotati con il suo nuovo brano "OH,OH,OH", fresco, simpatico ed originale. Nel frattempo ha inciso anche un intero LP.

Genere: New wave It.  Di M.P.
L'artista- Il suo esordio è del 1978, con LP "Suicidio", che segna senz'altro una svolta importante nella moderna musica italiana.Milanese, misterioso, conoscitore degli ambiente emarginati della città. Faust'o ha creato un nuovo tipo di rock estetico e moderno, che trafigge come una lama.Sulla sua scia innovatrice, l'ultimissimo panorama musicale italiano sta cambiando, come dimostra l'emergere sulla scena di gruppi quali i Chrisma, gli Elettroshock, i Revolver.
Il Disco- Il solo vero difetto del precedente LP  "Suicidio" consisteva nel fatto che i brani, essendo stati scritti in periodi differenti, non suggerivano una immagine totalmente compatta. Con questo nuovo album, anche l'ultimo difetto è cancellato. Faust'o ci presenta una galleria di rock assolutamente moderni, sofisticati fino all'estenuazione, dotati di testi inquietanti e ambigui, malinconici e perversi. (Brani da segnalare: "Kleenex", "Funerale a Praga", " Attori Malinconici".

Dolly 10.9.79
Poco zucchero è il titolo del nuovo 33 giri di Faust'o, uno dei giovani cantautori italiani che sta cercando di guadagnarsi faticoamente un posto al sole. L'album il secondo della sua produzione contiene 8 brani scritti con parole e musica dallo stesso Faust'o. 

FAUST'O IL VIOLENTO
Dolly 30.9.79
«Sono friulano d'origine, sono nato e cresciuto a Milano, sono di estrazione medioborghese, sono scapolo, non ho degli hobby...»
 Questo è tutto quello che si riesce a tirar fuori a Faust'O, se gli si chiede di parlare di sé sul piano privato. Diventa molto più loquace, invece, se si tratta di parlare di musica. Faust'O, venticinquenne, si è messo in luce lo scorso anno con il suo primo album, «Suicidio» e ha bissato il successo quest'anno con «Poco zucchero».
 «Posso definirmi un autore e un cantante rock», dice. «La mia musica e i miei testi sono violenti, anche se in realtà sono un tipo tranquillo. Molti giovani si riconoscono in me». 

IVAN CATTANEO E FAUSTO: ROCK IRONICO  E ROCK ANGOSCIATO
Uomo Vogue, agosto 1979
Tra i pochi che ancora si sforzino di restituire al rock di casa nostra una dignità e una impronta personale, senza seguire supinamente le influenze anglosassoni, ci sono Ivan Cattaneo e Faust'o, due giovanissimi interpreti che rifiutano sdegnosamente l'etichetta di cantautore: tutti e due tentano, pur adattandosi alle esigenze del mercato discografico, di fare della musica stimolante, e di teatralizzare al massimo i loro recitals.
Il rock di Ivan Cattaneo è molto ironico [...]  e quello angosciato di Faust'o che detesta l'ambiguità l'ironia clownesca  ed ha puntato la sua attenzione  sull'angoscia.
Il suo primo Lp si intitolava Suicidio e aveva dei testi molto interessanti: ma aveva avuto la sfortuna di uscire durante l'esplosione del punk autarchico, e di confondersi in una marea di incesti, perversioni, sadomasochismo da canzonetta.
Il secondo Lp, Con poco zucchero, ha trovato finalmente lo spazio che meritava.
L'atmosfera delle canzoni di Faust'o è vagamente espressionista; i testi sono disperati e cattivi (si intitolano Funerale a Praga, Kleenex, II lungo addio, Vincent Price) e il rock è pesantemente elettronico.
I suoi spettacoli utilizzano vecchi espedienti come raggi laser, fumo bianco, trucco allucinato (la faccia lunga e scarna dipinta di bianco): però inseriti in una dimensione diversa, cupa, angosciosa. Mentre Renato Zero & C. aspirano più che altro a diventare delle soubrettes o dei fenomeni da circo, Faust'o e Cattaneo potrebbero aspirare al titolo di rock star nazionali: hanno voce, feeling, presenza scenica, e potrebbero trasformarsi in fenomeni autenticamente teatrali.
Infatti Cattaneo studia danza moderna e Faust'o, recentemente, ha incontrato Lindsay Kemp: lo straordinario danzatore-mimo che ha creato il mito David Bowie

IL ROCK DELL'ANGOSCIA
Lei, ottobre 1979
Il suo primo disco s'intitolava «Suicidio». Il secondo ha testi ancora più provocatori e angosciosi (i titoli: «Funerale a Praga», «Kleenex», ecc.). Ai suoi spettacoli si presenta sul palco con la faccia scavata dipinta di bianco, gli occhi allucinati: una specie di Pierrot nevrotico. Per la gente è uno choc. Nella vita quotidiana, in realtà, Faust'O non ha l'aria particolarmente angosciata o inquietante: è un ragazzo di venticinque anni vestito con maglione e jeans, senza tic nervosi e senza l'armamentario, i vestiti folli, le pose dei cantautori gay o delle aspiranti rock star.
«È vero, viviamo in un'epoca terribile". dice. «Un'epoca selvaggia, violenta, che ai giovani non da valori ne speranze. Ma a me va bene starci, accettarla. Non voglio rifiutare quello che succede intorno. L'angoscia può anche diventare un modo di vivere. Se la accetti, poi puoi anche stare abbastanza bene». Non è una prospettiva allettante. Io penso che accettare l'epoca in cui viviamo, con tutte le sue contraddizioni sia l'unico mezzo per combatterla. Non sarei così tranquillo se fossi come tanti miei amici, che al martedì stanno già pensando a dove andranno a passare il sabato e la domenica. Tutti pensano soltanto a evadere, a scappare. Sono circondato da gente che non fa che pensare al momento in cui potrà andare al mare o in montagna. E logicamente sta malissimo in città, io invece amo moltissimo Milano, con tutta la sua violenza... Giuro che faccio fatica a star molto tempo lontano da Milano. Se dovessi fare un viaggio andrei in un'altra città. New York ad esempio. La natura non mi dice niente. E poi, per me la natura del 79 è questa: asfalto, grattacieli, traffico. Mi ci trovo perfettamente a mio agio.

Come reagisce il pubblico ai tuoi spettacoli? Si ribella o resta passivo?
Ci sono sempre, specie nelle discoteche in provincia, i soliti tre burini che fanno casino; in città invece sono più frequenti i gruppetti di moralisti, reduci dal '68, che ti gridano «scemo, scemo» soltanto perché usi il laser o le luci colorate e questo a loro sembra un lusso decadentistico. Ma per il resto il pubblico reagisce benissimo. Ormai ci sono tanti ragazzi che sono capaci di andare fino in Svizzera o in Germania per sentire i nuovi gruppi, e uno spettacolo rock un po' violento per loro è normalissimo. Anzi, mi fa piacere che mi apprezzino e mi applaudano anche se hanno ascoltato dal vivo dei gruppi internazionali famosi...

Parlando di tè la critica nomina un sacco di influenze: il rock Inglese, l'espressionismo tedesco...
Mah! Da quando hanno tirato fuori questa storia dell'espressionismo mi sono comprato una pigna così di libri, perché ho paura di non averlo studiato bene a scuola... Il rock inglese invece, è vero, mi ha influenzato moltissimo. Mi ha subito preso bene, fin da quando ero ragazzino e ascoltavo i Beatles. Non ho mai ascoltato molta musica di altro genere tipo blues o jazz. Adesso mi piace la musica di gruppi come i Talking Heads: tecnicamente non è per niente difficile, ma bisogna sentirsela in testa. Certo il rock è la musica di una sola generazione: non credo che mi piacerà ancora a trent'anni. Piuttosto che ritrovarmi sul palco a trent'anni passati a far la scimmia come Iggy Pop, credo mi svenerei..

Quando hai cominciato a suonare?
A sei anni: studiavo il pianoforte. La passione per il rock mi è venuta a dodici anni; ho cominciato a comporre dei pezzi. Ho anche scritto molti testi in inglese, perché ero convinto che con quel genere di musica l'italiano non funzionasse. Sono capitato in una casa discografica per caso: mi ci ha portato un mio ex compagno di scuola che si era messo a curare la promozione di una nuova etichetta, L'Ascolto. Qui mi hanno chiesto di scrivere dei testi in italiano, cosa che mi ha messo parecchio in crisi. Adesso invece scrivere in italiano mi va benissimo, non ho più problemi.

Frequenti qualche musicista?
Nessuno a parte Ivan Cattaneo. Adesso mi sono avvicinato un po' anche a un nuovo gruppo rock, i Decibel. Li sento abbastanza vicini a me. Logicamente, non credo che potrei fare amicizia: che so, con Gianni Bella...

Sei narcisista?
Non particolarmente. Non sono uno di quelli che sul palco si trasformano. Siccome ho sempre avuto la mania del teatro, fare spettacoli mi piace. Ma preferisco il lavoro in sala d'incisione.

Di che cosa parlerà il tuo prossimo disco?
Avevo già un argomento in mente: il terrorismo. Non intendevo parlarne bene: semplicemente, volevo descrivere delle situazioni di oggi. Tirar fuori quello che succede in giro, senza fare considerazioni personali. Ma logicamente tutti me l'hanno sconsigliato: è un discorso troppo difficile, troppo pericoloso. Comunque, sto scrivendo molto: quando ho un pezzo in mente sono capace di stare cinque o sei ore al giorno davanti al pianoforte finché non mi viene fuori come l'avevo pensato. Non sono uno che si alza la mattina con un motivetto in testa: le mie canzoni le elaboro moltissimo. Quindi preferisco non fare anticipazioni.

SCIABOLATE DI LASER
Quotidiano Lavoratori 23.5.79
La musica a Milano sta vivendo da un po' di tempo un periodo molto felice: Cosi in occasione di inaugurare la stagione estiva è stata fornita dall'etichetta Cgd-AscoIto che assieme al Comune di Milano, ha organizzato martedì 22, un grosso concerto gratuito all'Arco della Pace. Durante la serata, tra le sciabolate di luce dei tre laser tanto reclamizzati sui manifesti che tappezzavano la città, si sono alternati sul palco Faust'O e il suo gruppo, Alberto Radius, e Ivan Graziani. Vorrei soffermarmi un attimo su Faust'O, che tra i musicisti esibitisi è senz'altro quello con idee più nuove. A lui, era stato affidato il compito di aprire la serata, presentando lo spettacolo che trae spunto dall'ultimo suo lavoro, intitolato Poco zucchero. Le influenze musicali di questo giovane personaggio milanese arrivano direttamente d'oltre manica (Bowie, Roxy Music, Brian Eno) e alla sua musica rock, sa unire dei testi che sono dei flash sulla violenta realtà quotidiana della metropoli. Il pubblico, numerosissimo, ha applaudito ed ha mostrato di gradire molto iniziative di questo genere.

CASCO D'ORO E' DIVENTATA UNA MANAGER DI FERRO
Il Giorno 18 aprile 1979
Caterina Caselli passa in ufficio 14 ore al giorno. Sta organizzando dal 21 al 24 maggio un grande spettacolo davanti  all'Arco della Pace. Tra gli artisti da lei prodotti, «Faust'o», giovanotto dolce ed esangue, che non rischia lividi. Ha intrapreso un giro che serve a presentare un disco d'imminente uscita, «Poco zucchero», ed è un vero spettacolo che si srotola sulla pedana del dancing. Offre rose rosse con gestì malinconici di un Pierrot che sotto la maschera bianca cela il disagio di essere diverso; alle spalle ha un grande specchio in cui sdoppiarsi, mentre sapienti effetti luminosi creano atmosfere rarefatte di cabaret espressionista, da Berlino anni Venti, con clima funerario che piacerà alle ragazzine inclini, al pessimismo. «Faust'o» se la prende con la «stupida gente -che crede nell'ambiguità - gente che fugge - ma solo a metà» e la sua esibizione dinanzi ad un pubblico difficile, abituato a vedettes collaudate, è salutata da molti applausi.

La Notte 23.5.79
La serata è iniziata con la scoperta di Caterina Caselli Faust'o. un ragazzo venticinquenne di origine friulana subito trapiantato a Milano che ha siglato sotto i Laser la sua quattordicesima apparizione in pubblico. Un genere rock impegnato, pieno di testi difficili e non sempre comprensibili ma che per lui — come ci ha spiegato poi — vogliono dire tante cose. E tutto quello che vuole dire è condito da una lastra di (sostanza acrilica incorniciata dal neon, da fumo procurato, persino da una saldatrice in azione che aiuta a sottolineare le immagini oscure, come lui stesso le ha chiamate. Al primo rampollo di casa Caselli ha fatto seguito Alberto Radius chitarrista della « Formula Tre.

LE CENERI DELLA MUSICA
Intervista a Faust'o, giovane cantautore milanese
A cura di Augusto Romano, Lotta continua 21 dicembre 1979
Il suo nome è Fausto Rossi, in arte Faust'O. E' un musicista, e finora ha inciso solo due LP, dei quali l'ultimo, «Poco zucchero» ha ottenuto un riconoscimento quasi unanime dalla critica. Con lui abbiamo parlato di musica e canzoni; ma i reciproci pensieri hanno coinciso perfettamente quando si è trattato di muovere critiche alla situazione musicale italiana, cronicamente statica, e quindi delle difficoltà ad emergere delle nuove leve di musicisti. Abbiamo pensato, quindi, a qualcosa di provocatorio, a qualcosa che muovesse un po' le acque: questa intervista.

Come vedi attualmente il panorama musicale italiano?
C'è un tramonto della discomusic (se ne avevano avuti i primi sentori già l'anno passato) dovuto ad una rivalutazione del pop (non a caso si rispolverano i gruppi come «Le Orme» i «New Trolls » e la stessa «PFM») e ad una offensiva rock condotta dalle multinazionali del disco. D'altra parte esiste ancora il «cantautore », anche se è scomparsa la figura stereotipata del cantautore, con chitarra e via, i cui esponenti cercano di darsi un tono in più perché sentono di essere fuori tempo, però in ogni caso, non ci riescono, e lo si vede, ed è un voler vendere a tutti i costi. Inoltre sono personaggi come Finardi, che annaspano, che cercano di stare sull'onda perché sono giovani e tentano di seguire ciò che i giovani fanno adesso, oltre al normale mercato di musica leggera con i Baglioni, i Cocciante,Renato Zero. ecc.

Ma dietro a questi nomi, questi personaggi che monopolizzano da parecchi anni la musica italiana, non c'è niente di nuovo?
Sì, c'è qualcosa di nuovo, di veramente nuovo, qualcosa che fino a poco tempo fa non c'era; è qualcosa che ha, sì, radici nella musica straniera, ma rimane piuttosto attuale. C'è della gente che abbastanza similmente si muove, comunque assieme, e pure gli stessi cantautori che oggi si raggruppano, non sono mai stati così vicini, e come idea e come voglia di esplodere. Ci sono giovani musicisti che vogliono fare qualcosa di nuovo, della « nuova musica » (sempre con matrice rock) muovendosi nella stessa direzione o comunque in direzioni diverse, ma con la stessa forza e senza più rivalità, e questa è una cosa giusta.

Da cosa è caratterizzata questa « nuova musica? 
Quando tu ascolti un disco qualsiasi, da Dalla a De Gregori, da Graziani a Finardi, ti accorgi che il suono è sempre lo stesso, la costruzione del pezzo è sempre la stessa; il testo, poi, mira sempre ad un certo scopo, che è quello di coinvolgere il pubblico in ogni caso. Ora, quando qualcuno cerca di spezzare queste costruzioni, di creare dei suoni in alternativa a questi, o comunque più reali, ed è il caso di questa «nuova musica », non ha più diritto a farsi sentire, a fare dei dischi, ed è tagliato fuori dall'ambiente discografico. E non si scappa: voglio dire, che al di là degli sforzi patetici, come possono essere quelli di Finardi, di cercare di modernizzare la sua musica col sintetizzatore, che però ripropone vecchie melodie, perché il sintetizzatore non è fatto per riprodurre il suono della chitarra o comunque sempre uno stesso suono, non c'è uno sforzo da parte di queste persone, che come hai detto tu prima, giustamente, monopolizzano la musica italiana, per creare qualcosa di nuovo: non gliene frega proprio un cazzo. In ogni caso, hanno capito che se vogliono rimanere in una casa discografica, devono continuare a vendere dischi, e fanno di tutto per farlo, prendendo per il culo la gente, perché sono realmente dei personaggi ambigui.

Ma allora chi fa rock in Italia?
Ecco, a questo punto vorrei precisare una cosa: io mi tolgo subito dal numero; io non faccio rock e non mi interessa farlo. Altrimenti come potrei
fare delle cose nuove, visto che in Italia il rock lo fanno Finardi e simili. Io voglio prendere le distanze, pur senza disprezzare nessuno.

Non esiste dunque nessuno spazio?
Esatto, a nessun livello. Prendi la stampa: i grandi quotidiani danno spazio solo a cose di un certo richiamo, mentre la stampa specializzata è quello che è. Schematizzando, si può dire su Nuovo Sound hanno spazio i Pooh e Renato Zero, mentre Ciao 2001, molto più ambiguo, ha rubriche scandalose quali « Caro psic » e «Lettere al direttore » e in ogni caso parla sempre bene di tutti. creando così confusione; infine Popster, che presentatosi con una linea, per l'Italia nuovissima, con rock a tutto spiano, sembra che voglia trattare anche cantanti italiani, ma poi alla fine scade, dedicando alla musica italiana solo pochi trafiletti, che devi voltare altre sette pagine per ritrovare il punto e mai superiori alle 20 righe. Oppure, ad un certo punto trovi tre pagine più fotocolor dedicate a Bernardo Lanzetti. Ma permettimi: chi è sto' Bernardo Lanzetti, fa un rock vecchio di 20 anni. Per il resto si da molto spazio a tutto quello che viene dall'estero. Non parliamo poi della televisione in pieno '79 esiste ancora un Pippo Baudo alla domenica pomeriggio... Aggiungi che a Milano soprattutto la sinistra, ha chiuso tutti i buchi possibili al rock, la stessa sinistra che con le radio libere, ha dapprima boicottato personaggi quali Lou Reed e David Bowie, salvo poi averli ripescati in tempi più recenti.

Appurato che non esistono dunque spazi, può avere un futura questa « nuova musica »?
Io faccio questo tipo di musica perché mi interessa, la sento ed è comunque attuale, ma non credo molto nelle possibilità di riuscita di questo tipo di musica; credo che andremo avanti ancora a Baglioni e Finardi, perché questo è quello che ci impongono i mass-media. E' una realtà che non esista uno spazio per una musica nuova, e non esisterà mai, neanche con un'intervista come questa: se ne può solo parlare e sentirci più vicini.

Io forse sono un po' più ottimista: in noi non c'è presunzione, e non diciamo che questa musica è buona e l'altra cattiva: in noi c'è uno sforzo per rinnovare qualcosa. Ecco, si dovrebbe abituare la gente ad ascoltare cose nuove. Noi vorremmo, che tutto ciò che è stato detto, non rimanga lettera morta. Vorremmo creare un grosso dibattito su ciò, sia, nel limite del possibile all'interno del giornale, sia al di fuori di esso, magari in un dibattito pubblico, a cui invitiamo fin d'ora discografici e giornalisti, cantanti e gruppi, ma soprattutto voi, cari amanti del rock.

Note al testo di: In Tua Assenza (di Claudio Chianura)
"saputo che scrivevo delle piccole poesie, fausto mi chiese di poterle leggere per il suo secondo album. scelse questa, in realtà una libera traduzione da "Breaking glass" di Bowie (da Low).
la parola 'lussuria' fu giustamente cambiata dal poeta Nanni Cagnone con 'memoria', meno connotata eticamente."

in tua assenza