Faust'o

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sabato 10 novembre 2012

1982 Il Caso Faust'O



Di Antonio Orlando Ciao 2001 1982 (?)
Dopo tre dischi il rapporto fra Faust'O e la sua casa discografica, la CGD, si è interrotto.
Una storia normale nell'ambiente discografico, anche se molto spesso non fa notizia la risoluzione di un contratto discografico interessati come si è (oltre che sepolti) dao bollettini di pubblicazione, dalle classifiche di vendita dei TOP 20 o dei clamori del concerto imminente o appena passato – e comunque da tutto ciò che accade, che si può toccare e vedere.
Nel caso di Faust'O invece (ma il discorso potrebbe essere esteso a molti altri) le cose non sono “accadute”, sono invece rimaste nel limbo delle promesse e delle “belle speranze” forse nemmano senza colpe specifiche di una delle due parti se non quella di una divergenza totale di opinione e di un'estrema volontà di perseguire fino in fondo le proprie differenti finalità.
In questo senso il caso CGD/Faust'O è indicativo dello stato di malessere diffuso tra musicisti e discografici che è alla base di tanti problemi che affliggono il nostro mercato – non ultimo il lento ricambio di nomi e di volti e il lentissimo allineamento dello stesso alle prospettive europee.
Con “Suicidio, “Poco Zucchero”, “J'Accuse...Amore Mio”, Faust'O a partire dal '78 aveva indicato una strada italiana per quel suono freddo e “tecnologico” che in Italia consumiamo in dosi massicce attraverso i canali dell'importazione ma che alcuni musicisti nostrani stanno realizzando in contrapposizione con la fissa “solarità” di un Dalla o di un Daniele.
L'anno scorso poi questa teorizzazione aveva significato il presagio di una guerra imminente e quanto fosse attuale quell'intuizione di Faust'O lo sappiamo adesso che giochiamo a rimpiattino con i Pershing e i Cruises.
Purtroppo a tutto questo non ha fatto riscontro il successo, l'impalpabile e importante “successo” che è la spinta (e l'autorizzazione) stessa della ricerca; il solito circolo vizioso: << se non si ha successo non si va avanti e per aver successo bisogna andare avanti>>.
Invece a Faust'O sono rimasti lusinghieri apprezzamenti della critica e di alcune frange di pubblico e più niente.
Perché?
<<In tre anni ho fatto solo dieci concerti e per di più organizzati male.
Invece sento sempre più che la mia musica è da suonare sul palco; proprio per questo ora sto lavorando con un gruppo finalizzando questo lavoro sopratutto all'attività dal vivo>>.

Ciò che è mancato secondo Faust'O è stato il contatto con il pubblico e in questo non è stato aiutato dalla sua casa discografica.
<< anche se proprio all'interno della CGD c'è l'esempio di un nome che ha costruito la propia vendibilità discografica grazie ai numerosi concerti fatti: Pierangelo Bertoli>>.

Quali le possibilità di soluzione?
<<Per ora rientro in sala a mio nome realizzando materiale che ho elaborato in questi ultimi mesi ma senza avere l'assillo del disco da pubblicare o del Discoring di turno a tutti i costi.
Comunque dopo tre anni di inattività non ho certo paura di stare senza contratto un po' di tempo>>.

Parole amare queste che difficilmente si sentono nelle dichiarazioni di poetica rilasciate puntualmente nelle interviste, ma parole che illuminano un aspetto importante del music-business, ovvero quello della musica senza “business” che riduce tutto a un'attività amatoriale e dopolavoristica con buona pace della professionalità e dello sviluppo.
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1985 Love Story



Comunicato stampa Target
Nel 1978 Faust'O per primo indica la strada per una canzone italiana rinnovata e capace di evolvere in direzione della qualità e della ricerca nello stesso tempo.
Da “Suicidio” (78) e “Poco Zucchero” (79) a “J'accuse...Amore Mio” (80) e Faust'O (83), passando per l'inevitabile “Out Now” (82), in uno stile personale e mai prevedibile, Faust'O ha saputo coniugare le forme rivedute della canzone “anni 70” con tecniche proprie della musica elettronica contemporanea, in modo sempre consapevole e puntuale.
E puntualmente questo nuovo disco, “Love Story”, si pone di diritto come polo di riferimento per un nuovo corso della canzone elettronica, che tende ad annullare definitivamente l'attuale frattura tra musica d'ascolto e musica di consumo.
Proprio la consapevolezza estrema e la ricerca tra i modi dell'espressione musicale più immediata hanno prodotto un lavoro che, pur agendo in direzione di una sintesi, fa di questa un semplice punto di partenza.
L'aspetto primitivo dei brani di “Love Story” è proprio il segno della volontà di ridefinire, anziché proseguire, una tradizione musicale, aprendosi alla possibilità di sviluppi diversi. Se in questo materiale apparentemente scarno sono evidenti le forme distintive della musica leggera dei nostri giorni, dall'altra parte sicuramente più numerose sono le soluzioni che tendono ad abbattere i muri in ogni direzione, dall'assenza della modulazione tonale al progressivo dissolversi della struttura-canzone sostenuta dal prevedibile alternarsi di strofa e ritornello, all'esclusione di qualsiasi barocchismo strumentale e vocale.
La musica di “Love Story” dunque, non rivolge la propria attenzione alla possibilità del raccontare, ma alla possibilità delle forme, nella misura del loro procedere. E proprio forma e misura, modificando modi e condizioni, danno il senso dei mutamenti.
Love story recensione
Non ha mai amato le vie facili.
Dal 1978 provoca, rischia, accusa.
L'approdo è questo "Love Story", realizzato con mezzi scarni ma ricco di suggestioni.
Sono 6 brani.
Da citare: " Exhibition of love", "The Heat", "Clouds Over Thin Paper".


Ciao 2001 di M.I. 1986
È con enorme piacere che salutiamo il ritorno su vinile, dopo oltre due anni di assenza, di uno dei solitari maestri dell'attuale musica italiana più evoluta e modernista per forma e contenuto. Cinque album dall'esordio del 1978 al "Faust'O" dell'83; cinque gioielli rimasti ingiustamente sconosciuti al grosso pubblico: nei quali però era stata già scritta gran parte dei percorsi e degli itinerari sonori seguiti in seguito dalle menti più brillanti del moderno pop italiano, da Enrico Ruggeri a Garbo, per non citare che i primi nomi che ci vengono in mente. Come parecchi autentici iniziatori (vedi in Inghilterra Brian Eno), Faust'O è molto schivo e solitario, e certo ha dovuto soffrire di questa voluta carenza di auto-promozione pubblicitaria.
Anche questo nuovo album, come tutti i precedenti, si pone all'avanguardia della ricerca e della novità perseguita con radicale intelligenza. Prodotto da Angelo Carrara, con un organico ridotto all'osso (basso, batteria e tapes), Faust'O, nel corso di sei brani lunghi e densi percorre itinerari inesplorati (un solo lontano antecedente: il misterioso e sotterraneo LP "Outside The Dream Syndicate", di Tony Conrad con i Faust). Sei veri oratori underground: incatenati in una struttura eminentemente circolare, l'uno vale l'altro. Un ritmo ossessivo, al tempo stesso ipnotico e tribale; una voce miracolosamente sepolcrale e assente, solenne e mono-tonica come una misteriosa eco di sapore gotico-medievale. Una rock music disincantata e ascetica, dove i confini tra musica d'ascolto e musica di consumo si sgretolano e tendono a confondersi.


UN MANTRA INFINITO
Come un Mantra una nenia infinita Love Story capitò nel freddissimo inverno 1985/86 quasi a voler stravolgere definitivamente i canoni classici dell'italica canzone. In questi tempi sanremesi è cosa giusta ricordarlo e editare tutti i testi per quello che potevano valere. Come ebbe modo di dire lo stesso FAUST'O (tratto dal libro I NOSTRI CANTAUTORI di Baldazzi, Clarotti, Rocco)
"E' una maniera per tirare le fila del discorso, per fare piazza pulita, proponendo una esasperazione della canzonetta realizzata denunciandone la ripetitività. Nelle "canzoni"di LOVE STORY ci sono un basso e una batteria, una voce e una linea melodica, che si ripetono e tornano ciclicamente su se stesse.
I testi non vogliono dire nulla di importante, sono lì solo in funzione sonora e melodica.
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sabato 3 novembre 2012

1983 Concerti



Arena di Verona 1983 di Joy Yellow ( Luciano Triolo)

17/5/83      FIRENZE    TENAX
19/5/83      ROMA         PIPER
26/5/83      MILANO     ROLLING STONE
28/5/83      PESCARA
4/6/83        BOLOGNA  MARABU’
Ultimamente stiamo assistendo a quella che ormai da molti viene considerata la calata dei barbari: ogni sorta di artista straniero trova terreno fertile nel nostro paese.
In  maniera disordinata e caotica si sta susseguendo in Italia una programmazione di concerti che vede impegnata senza distinzione avanguardie e retrovie della musica internazionale.
In questo contesto è quasi doveroso scendere in pista; per un artista italiano come Faust’O, impegnato da tempo in un discorso di allineamento musicale ad una Europa che guarda all’Italia come se fosse la periferia dell’Impero.
Da qui la creazione di un trio che presenterà in concerto l’elaborazione dei brani più significativi di questo Artista.
Un concerto elettrico per quello che è considerato il “ poeta elettrico”.
Un concerto in cui i suoni avranno grande importanza.
Un concerto in cui ogni elemento del trio è impegnato in una ricerca di nuovi sbocchi e nuove sonorità.
Un chitarrista, Umberto Rossi, che arriverà a stravolgere il suo strumento per ottenere dallo stesso quello che pochi sono riuscita ad ottenere.
Un pianista, Sergio Lymp, giovanissimo “professore”, impegnato ad elaborare un strumento, che insieme alla voce di Faust’O, può essere consideratoli “cuore” del concerto.
Faust’O, infine, con le sue tastiere, i suoi ritmi elettronici, i suoi rumori e le sue canzoni che si stanno insinuando nei giovani come ghiaccio in un ferita.

Fausto al Tenax Firenze 17  Maggio 1983 si ringrazia Sergio Biagini

CANTANDO ELETTRONICAMENTE
Strumenti musicali di Giordano Casiraghi Maggio 1983
Atteso ritorno alle esibizioni live per Fausto, personaggio schivo e introverso. A Milano è passato per il locale rock per eccellenza il Rolling Stone a soddisfare i suoi calorosi e fedeli fans. Anni fa si era fatto notare con un disco d'esordio piuttosto atipico, dove musica e testi camminavano di pari passo. Particolare attenzione verso sonorità elettroniche portarono ad individuare il personaggio come un precursore di nuovi orizzonti musicali. Alla realizzazione artistica c'era Alberto Radius, ma forse non era il momento giusto e anche il secondo LP "Poco Zucchero" non ebbe molta fortuna nonostante i felici momenti di alcune canzoni come "II lungo addio" e "Vincent Price". Il canto di Faust'o è intriso di sentimento mediterraneo e il paragone con musicisti inglesi non regge più. Dopo un LP piuttosto confuso come "J'accuse ...amore mio" rompe il sodalizio con la CGD per passare all'autoproduzione di "Out now" un disco di sola musica. È un atto di liberazione verso antichi amori: un togliersi di dosso storie di vario genere, dal jazz a Eno, alla ripetitiva di Glass. Finito questo bagno smacchiatore Faust'o è pronto per altre melodie e ne esce un disco di nuove canzoni per la Ricordi.
È una nuova fase con maggior disponibilità verso il pubblico e infatti non si fa pregare per un tour italiano. Per l'occasione Faust'o è in posizione centrale sul palco, ha due Revox per le parti  preregistrate e un Prophet-5, una Linn Drum e tanta voce. Lo accompagnano Umberto Rossi alle chitarre tra cui una Fender Stratocaster in un modello rifatto pari alle annate migliori dei primi anni Sessanta. Rispetto alla Fender usata in modo pulito con suoni stirati dal tremolo, l'altra chitarra Baldwin è sintonizzata su atmosfere cupe dai suoni sporchi. Un delay DOD e un compressore MXR per una maggiore saturazione. Il tutto amplificato da potenti Marshall. Parte di rilievo anche per le tastiere manovrate da Sergio Lymp costituite da un piano elettrico Kawal molto ritmico e una Jupiter 8 della Roland. Il gruppo ha suonato per circa un'ora presentando le canzoni dell'ultimo periodo riscuotendo clamori per "Ch'an cha cha" e "Alien", curiose anche le note di " Thick as a Brick " usate come intermezzo tra canzoni.

L'INQUIETANTE CONCERTO ROCK DI FAUSTO
Sarà l'erede di Renato Zero?
Di M.L. Fegiz Corriere della Sera  28 Maggio 1983
Un personaggio demoniaco e senza mezze misure.
Show di emozioni elettroniche
MILANO:
Davanti a pochi giovanissimi, ma assolutamente entusiasti, si è esibito l'altra sera al Rolling Stone, Faust'O, enigmatico «rock man» nativo di Sacile (provincia di Pordenone) che nel 1978 si fece notare con un album dai toni decadenti e drammatici dal titolo «Suicidio». Seguirono nel 1979 «Poco Zucchero» nel 1980 «J'accuse...amore mio» e, dopo tre anni di silenzio, circa un mese fa, «Faust'O», cantato in varie lingue (inglese, francese e spagnolo) che sottolinea ancora una volta lo strano potere carismatico di questo insolito music-maker: a dispetto dell'indifferenza con cui sono stati accolti tutti i suoi album e dell'afflusso limitato di pubblico al concerto dell'altra sera, abbiamo l'impressione di trovarci di fronte ad una «mina vagante» della musica italiana, nel senso che se mai fra qualche giorno, mese o anno, il fenomeno Faust'O esploderà, sarà ancora con una violenza e un fanatismo paragonabili a quanto successe con Renato Zero.
Sul piano culturale, musicale ed esistenziale Faust'O e Renato Zero hanno ben poco in comune, tranne due elementi: sono entrambi dei personaggi inquietanti (con qualcosa di demoniaco) e hanno entrambi una «O» (o uno Zero) nel nome d'arte. L'altra sera Faust'O ha eseguito dal vivo, accompagnato da una complessa strumentazione elettronica (la tecnica moderna fa sì che un semplice trio possa diventare una vera e propria orchestra) le canzoni del suo ultimo album: Ogni fuoco, Ch'an cha cha, E poi non voltarti mai. Stracci alle fiamme. Cinque strade, Jeraldine, We turn away, Alien, Rip van Winkie, Ultimi fuochi, nonché due canzoni del precedente J'accuse...amore mio, divenute irriconoscibili in un contesto molto elettrico. Difficile catalogare le canzoni di Faust'O, c'è rock, c'è new wave romantica, c'è capacità di rivelare emozioni e contraddizioni dell'adolescenza (che però oggigiorno per molti si protrae fino ai trent'anni, almeno sul piano delle insicurezze psicologiche) con uno spessore di scrittura e di espressione che non lascia indifferenti. Ecco un artista che non potrà conoscere vie di mezzo fra il trionfo e l'oblio.

POETA DEL MALESSERE
di Nicoletta Arcari 28 Maggio 1983
Pubblico scarso ieri sera al Rolling Stone, ma composto in prevalenza da «addetti ai lavori» per il concerto milanese di Faust'O. La platea era di tutto riguardo. Tra i giovanissimi fans che applaudivano entusiasti, c'erano i Matia Bazar al completo, l'attrice Laura Lattuada, in due pezzi bianco e nero, che ha seguito il concerto vagando fra i divanetti e la pedana senza sedersi un momento. C'era Enrico Ruggeri del quale è uscito recentemente L'LP «Polvere» con gli immancabili occhiali da sole cerchiati di bianco. Il disc-jockey Max Venegoni, di Studio 105, la radio più seguita del Nord-Italia con un paio di collaboratori dell emittente, Alberto Fiore degli Stormy Six, precipitatesi successivamente in camerino per complimentarsi con Faust'O.
E poi il batterista dell'estinta Equipe 84 e una vera folla inconsueta di giornalisti. Il concerto del «poeta elettrico» come lo chiamano i suoi seguaci, è cominciato alle 22 e 30, dopo un'ora di discoteca, ed è stato un crescendo di entusiasmo.
Il cantautore ha interpretato, coadiuvato dai collaboratori Ub Rossi alla chitarra e Sergio Conforti al piano e con l'ausilio di tastiere elettroniche, tutti i brani del nuovo album che si intitola «Faust'O» («Ch'an Cha Cha», «Stracci alle fiamme», «Alien» e via dicendo più un paio di pezzi tratti dal 33 giri «J'accuse» che i presenti conoscevano a memoria. «I suoi testi sono fortissimi» dicevano alcuni ragazzi, e altri proclamavano: «Questo nuovo Lp ancora non lo abbiamo assimilato ma Faust'O è sempre grande». Il carisma di questo cantante e autore nato a Sacile in provincia di Udine 29 anni fa, risiede nel fatto che ha saputo dare voce ad un certo malessere e alla confusione giovanile. Sempre appartato rispetto ai circuiti produttivi e promozionali, ha tentato due anni fa di fare tutto da solo con un disco autoprodotto «Out Now», ma ha preferito successivamente tornare a lavorare con l'industria discografica anche se non intende concedersi più di tanto.

FAUST'O O DELLA POST-PURIFICAZIONE
Ciao 2001 di Francesco Adinolfi Giugno 1983
Concerto romano e nuovo album per poter incontrare e parlare con Faust'o in un coinvolgimento emotivo molto particolare
Roma. Ho visto la fine del rock'n roll... l'altra notte al Piper, sgretolato tra i synths, assassinato nei computers, scorticato da Faust'O e gli altri. Se in Italia c'è mai stato rock'n roll questo è vissuto fino a ieri, oggi non è più. Sul palco un numero di macchine per fare suoni, dietro Faust'O, più avanti Sergio Lymp e le chitarre di Rossi. Credetemi vederlo live è la stessa sensazione che si ha in una stanza zeppa di specchi: totale disorientamento. Sono suoni sintetici e anche al di là del sintetico; voci strozzate, 'modulate, studiate per mordere i ritmi e affogarli in riffs straziati e ripetuti. C'è tanta elettricità da illuminare un Colosseo per giorni. Non ho mai creduto alle esagerazioni delle biografie ma a questo sì: Faust'O è elettrico. Elettricità in ritmi, suoni voci. Le voci di Faust'O sono fredde, calde, riescono anche a bollire e soprattutto in attimi più facili come «C'han Cha Cha » e simili, il disorientamento però rimane e l'altra notte a Roma ce n'è stato tanto. Faust'O in palco non ha convinto tutti e tra questi almeno in parte, ci siamo anche noi. E' un disorientamento che per certi si è anche tradotto in un vero e proprio stato confusionale fino a raggiungere quel livello emozionale che chiamano 'NOIA. Tutto questo perché Faust'O rappresenta realmente il « Suono Del Momento » e lo rappresenta fin troppo da averlo portato in palco ai suoi estremi. E mi spiego. Le macchine che ci sono e devono starci tendono progressivamente a sfuggire, si impongono, prevaricano fino a schiacciare l'uomo. Al di là di tutto, però, la linea sonora è sempre lì, tra le più vivide finora tracciate in Italia, densa di pulsioni e coinvolgimenti emozionali. C'è dietro tutta la nuova tendenza britannica, il pop trasparente dei computers, la decadenza dei '70's, le reminiscenze dei Sessanta. Le radici di Faust'O si incastrano tutte nella sotterraneità milanese; anche per lui anni di suono alle spalle e cinque lavori tutti in studio. Tra questi «Out Now», l'espletamento tra gli esperimenti e «Faust'O» il suono della post-purifìcazione, capirete poi. Il primo lavoro, «Suicidio», era il disco delle origini, Bowie, Roxy e altro venivano fuori tra i solchi inventando quegli strati sonori su cui Faust'O e suoni scivolavano; poi «Poco Zucchero», un netto spostamento evolutivo, e «J'Accuse... Amore Mio», il più assimilabile, fluido e immediato dei lavori; questo fino a «Out Now» uscito prima di «Faust'O» e ancora acme di una introversione sonora estremizzatissima.

Faust'O: «Quella di "Out Now » è stata un'esperienza particolarissima, a quei tempi mi sono trovato in un periodo molto buio, davvero non sapevo cosa fare... non sapevo se continuare o mollare tutto. "Out Now" mi è servito moltissimo, è stato in un certo senso il disco della purificazione... voglio dire grazie a questo lavoro sono riuscito a tirar fuori tutte le energie negative che avevo dentro... creavano confusione, frustrazione. Nel disco c'è di tutto, cose vecchie nuove giovanili e altro, c'è Eno, Cage e simili...».

Un'esperienza che ti ha maturato anche dal punto di vista del rapporto con la gente e i «media» in particolare...
Faust'O: «Certo, anche in questo senso. Dopo "J'Accuse..." il rapporto con la gente era diventato molto difficile, non c'era disponibilità da parte mia, questo naturalmente ha avuto i suoi lati negativi, se infatti mi fossi concesso maggiormente cose come "Hotel Plaza" avrebbero certamente venduto di più. Per quanto concerne i "media" davvero non aveva nulla da dire, da spiegare, volevo starmene da solo e basta ».

E il nuovo lavoro, il « post-purificazione »?
Faust'O: «L'esperienza di "Qut Now" mi ha maturato moltissimo e infatti "Faust'O" è un disco diverso... Tutto ha acquistato una dimensione diversa, molto più naive, semplice; anche i testi sono diversi, i brani nascono da un vero e proprio attimo di sintesi ».

Sempre riguardo ai nuovo lavoro come è stato accolto?
Faust'O: «In modo piuttosto strano, c'è chi ha accusato di essermi fermato, chi ha parlato di altri artisti che mi hanno superato... ma cosa? In cosa? lo non ho mai iniziato nulla, come ho fatto a fermarmi? Non ho mai inventato uno stile o seguito direzioni, ho sempre fatto quello che volevo, se oggi in Italia sono in tanti a suonare così e lo fanno anche meglio buon per loro».

Anche questo disco segue dilemmi che sono ormai tuoi e mi riferisco soprattutto a quella miscela di lingue di che usi sempre...
Faust'O: «E' un modo di esprimermi a cui tengo moltissimo, è tutto molto semplice con più lingue riesco ad esprimere quello che in italiano sarebbe impossibile. Lavorare così mi permette dì arrivare subito al punto e all'essenziale».

Oltre alla mancanza di «suoni gialli » non c'è in Faust'O, e questo sorprende maggiormente, una vera e propria direzione; c'è piuttosto una linea ormai tracciata da anni, più cerebrale che strettamente sonora. I1 nuovo disco non segue schemi, sono suoni avulsi da ogni contestualità eppure deliziosamente toccanti.
«Qualcuno ha detto che i tempi mi stanno lasciando indietro... »

Beh, quello che la gente non ha capito è che Faust'O non ha mai avuto tempi e si trova incredibilmente a rappresentarli in tutta la loro transitorietà. «Faust'O», tocca proprio per questo, è un lavoro gradevole, a tratti tetro, scuro, per attimi limpido, trasparente, Tra le cose più belle proprio «C'han Cha Cha» quasi latineggiante e sorretta a tratti dai piani delicatissimi quasi sfiorati poi «Ogni Fuoco» e «Cinque Strade» che trasudano decadenza e rotolano tra voci svogliate e trascinate. «Jeraldine » è tra i più ruvidi, una chitarra nervosa che lacera, un basso percosso e un drumming perennemente costante. Poi «We Turn Away» quasi battiadea e «Alien» con inizi tribali e voci strozzatissime. Faust'O canta come se l'inferno gli fosse scoppiato in corpo e si stesse mutilando, mentre i ritmi si sciolgono dissolvendosi. Assurdamente, minacciosamente, drammaticamente Faust'O ha divelto gli stilemi che fino ad oggi hanno fatto il rock a tre colori, e questo smentendo chi voleva nero e dandogli bianco e viceversa, come un buco nero che ingoia tutto e lo ridà a suo modo. Faust'O ha filtrato l'Europa e con Garbo sono in due.

CHE QUALCUNO VI BENEDICA!!
Di Arnaldo Pontis
Il concerto romano che Faust'O tenne al Piper nel 1983 fu stupendo ed estremo. Un concerto fatto per altri luoghi e altri tempi. Non di certo il Piper romano di allora, l'Italia dei primi anni '80.  Fausto chiuse con la frase con "Qualcuno vi benedica"... Quasi sottovoce, e se non erro "Dio abbia pietà di noi" (o forse credo si trattasse di un "voi") era la frase appena precedente..!  Non ricordo chi fosse il giornalista sul Ciao 2001 ma le sue frasi come ... quel livello emozionale che chiamano noia... o ... il pop trasparente da computer... mi fecero capire già allora che ben pochi (anche tra quelli che si occupavano di musica) avevano davvero idea di dove stesse  andando l'elettronica sperimentale di quegli anni, che non era fatta sicuramente da gente come "Plastic Bertrand" o i Rockets con la Apache in versione "space-opera" e altro popettino simile.  E il rock & roll era già morto con i Pink Floyd di Ummagumma o con i Velvet Underground. Senza dover nemmeno aspettare il punk o la No-Wave. Figurarsi la New-Wave... ! Ma tutto questo andrebbe spiegato anche a molti dei giornalisti di oggi...! Faust'O, per molti di loro ovviamente era un alieno assoluto, sopratutto in quell'Italietta musicale messa a cavallo tra la fine dei '70 e i primi '80.  Anni dai quali le orecchie "melodiche" del nostro pubblico uscivano a stento da quintali di progressive o dall'overdose di beat degli anni precedenti.  Figuriamoci, sentire roba come "Out Now". Immagina che palle ..!  Innanzitutto era un disco senza chitarre o quasi...! (Sound of my Walls) con un sound inclassificabile e "de-genere" una specie di nuovo impasto di elettronica fusa in sprazzi di free-jazz, tappetti di sax allucinato su ritmi sincopati e storti,  o sovrapposizioni di tapes con voci in slow e/o accelerate sommate a piano ed effetti analogici in loop. Doveva essere una specie di incubo per le orecchie di molti ascoltatori di allora. Del resto la maggior parte dei nostri musicisti in quegli anni (e anche la critica) iniziarono ad interessarsi di elettronica quasi solo perchè era moda del momento e faceva "trendy"!  Ovviamente orecchie poco allenate tendevano molto facilmente verso le cose più "semplici",diciamo il sound anglossassone con le "casse aperte" belle pulite e tagliate che più di maniera non si potrebbe.  E il massimo dell'elettronica per molti era usare un moog che faceva davvero molto "guardiano del faro" o impostare i bpm sui preset della rithmyn machine alla "pop-corn" appena ne trovavano una bella e pronta in studio.  Ecco perché decine di dischi di allora (mica solo italiani ovviamente) "suonano" tutti nello stesso identico modo orribile e plastificato. Ben pochi fecero allora tesoro dell'elettronica sperimentale di matrice tedesca degli anni precedenti e non parlo mica dei Kraftwerk, ma dei loro tanti e forse meno noti "progenitori" illustri.  Sperimentazione elettronica totale quella di Faust'O in quegli anni. Non so se lui li ascoltasse, questi gruppi, ma a me piace davvero pensarlo...! Trovo influenze che spaziano dai Can ai Van der Graf Generator (passando per i Faust) fino ai primi Tangerine Dream e sono certo che sono molto vicine al Faust'O di Out Now anche cose altrettanto aliene allora come quelle in arrivo dall'inghilterra o dagli States (riconducibili alle sperimentazioni di Cage o Eno o alle cose ancora più estreme di "industrial music for industrial people" dei Trobbing Gristle o degli Psichic TV.  Tutta roba che io non mai "sentito" allora negli anni '80 nei solchi di nessun musicista italiano (fatta eccezione per Fausto e ben pochi altri). Paradossalmente penso ci sia stata forse molta più "ricerca" in Italia nei primi '90 con l'avvento della "dance society" e dei suoi molti dj-non musicisti che almeno avevano il buon gusto di cercare di inventarseli i propri suoni sulla Roland 505 o su un mac o un atari.
Quindi oltre Fausto, 10 anni prima, (con il suo Out Now che è assolutamente uno splendido disco di pura ricerca e il suo sound estremo ma melodico e ambientale, duro ed etereo al tempo stesso. E' ancora attualissimo anche oggi dopo ben 25 anni.  Out Now potrebbe fare da colonna sonora ideale di un qualunque scenario urbano e notturno di una metropoli contemporanea.  Mettetelo di sfondo a Blade Runner, lo splendido film di Ridley (guarda caso dello stesso anno), e togliete l'audio originale nelle scene della macchina volante di Deckard sulla città notturna e ne riparliamo... ). Dicvevo, all'inizio degli '80 salverei ben pochi altri oltre il ns. Fausto in Italia, e guarda adesso che siamo qui, ti faccio pure i pochi nomi:  Sicuramente il giovane Franco Battiato dei primi Fetus, Pollution e Clic. Assolutamente un precursore di molta ricerca elettronica odierna... Fatta con gli strumenti di allora (fine anni settanta) quindi a maggior ragione ancor più degni di nota. Le cose che Battiato ha fatto più avanti dopo quei lavori (L'era del cinghiale bianco ecc.) hanno purtroppo teso verso un sound meno sperimentale e popolare ma comunque in qualche modo colto e di ricerca al tempo stesso.  Mi son piaciute sempre meno, ma ha tutto il mio rispetto... Poi dunque... Maurizio Arcieri con i suoi Crisma/Krisma ... (Non è nemmeno un caso che questo grande artista dimenticato abbia poi di recente collaborato proprio con Battiato...). Come è casuale che anche Maurizio Arcieri nei primi anni '80 con le sue macchinette elettroniche ci giocasse incuriosito... Insieme ad un tizio sconosciuto di nome Hans Zimmer, che programmava con lui i sintetizzatori...! L'album era "Cathode Mamma" (del 1980) e Hans Zimmer poi sarebbe diventato uno dei più noti (e strapagati) creatori di colonne sonore hollywodiane. (Vi racconto un anedotto, quei due di sinth ne inventarono anche uno, che chiamarono "Crismino". Era uno dei primi sinth "programmabili" e il progetto di questo giocatolino di allora venne acquistato per pochissimi dollari da un società giapponese che non ricordo... Partendo da quel "Crismino" sono nate molte "machines" sonore e la stessa azienda ora è leader nella fabbricazione dei processori DSP (quelli che trovate in tutte le macchinette digitali per fare musica o nelle schede audio migliori dei vostri computers...). Guarda caso Maurizio Arcieri in quegli anni "londinesi" collaborava assiduamente anche con Niko Papathanassiou, il fratello del più noto Vangelis, e anche con lo stesso Vangelis (che guarda caso ha scritto la colonna sonora di Blade Runner... Tutto torna..!). Anche Maurizio Bianchi è un altro grande musicista italiano che ha, si potrebbe dire, quasi fondato il "noise" e la sperimentazione elettronica in Italia.  Forse un nome poco conosciuto (non di certo tra chi si occupa di elettronica o noise anche oggi) ma Maurizio Bianchi/MB è un nome praticamente venerato all'estero considerato uno dei "padri" europei dell'elettronica sperimentale... Anche lui con un percorso artistico estremo e con molte lunghe "pause "produttive" come Fausto. Tornando a Fausto, egli è stato fondamentalmente incompreso e non apprezzato pienamente per il tipo di ricerca difficile che ha sempre tentato, ma che col passare degli anni, rimane uno dei più citati (sopratutto tra i musicisti) come influenzante i percorsi artistici altrui.  Un artista assolutamente oltre il proprio tempo, e avanti anni luce rispetto tutte le cose che lo circondavano allora.  Si trattasse di "song" o ballate "cantautoriali", o di uso dei testi e del cantato in italiano, come di poesia o di musica elettronica e sperimentazione. Se ne ha implicita conferma 10 anni dopo "Out Now", e in "Cambiano le cose" del '92.



(p.s. era: CHE DIO VI AIUTI!)

venerdì 2 novembre 2012

1982 Faust'O

è del 1982. fine trasmissioni.







TRA LE FIAMME IL NUOVO FAUSTO
Ciao 2001 Novembre 1982
Imminente la pubblicazione del nuovo album (il quarto) di Faust'O dopo il passaggio alla nuova casa discografica, la Mars & Co. "Faust'O" è il titolo del disco prodotto da Guido Carota per la FG e suonato dal gruppo abituale di Faust'O con l'aggiunta di Alberto Radius alle chitarre. I titoli: "Ogni fuoco", "Stracci alle fiamme", "E poi non voltarti mai", "Ch'an cha cha", "Cinque strade ", "Jeraldine, "We Turn Away", "Alien", "Rip Van Winkie" e "Ultimi fuochi".

ITALIANO DA RECUPERARE
Tutti Frutti N°4 Testo e foto di Red Ronnie Febbraio 1983
Faust'O torna dopo due anni di silenzio, interrotti solo flebilmente dall'album "Out Now" autoprodotto in una tiratura limitala di mille copie. Tutti Frutti lo recensì nel n" 1. E' forse per questa attenzione prestata al Faust'O underground che lui ha scelto proprio Tutti Frutti quale primo test giornalistico del suo ritorno ufficiale sulle scene. Sarà anche grazie a questo limpido e ghiacciato sole invernale, ma Faust'O sembra più sereno, disteso e gioviale di quello che certe sue apparizioni televisive mi avevano fatto conoscere. Con naturale disinvoltura diventa poi freddo, tagliente e razionale.
"Ho fatto il mio primo disco da incazzato nel '77. ma non era per niente lucido. Poi sono riuscito a fare un discorso abbastanza lucido, seppur sempre di disagio."

Perché di disagio?
"Ma per il modo in cui vivi. per dove vivi. perché ci sono un sacco di cose che ti accorgi portano segni di sventura. Stiamo andando verso una cultura di sintesi, molto superficiale. Siamo in una società che morirà per autosoffocamento perché la pace ha portato solo ingiustizia, crimini, perché abbiamo bisogno di una guerra e non verrà mai più questa guerra, assolutamente. La guerra è sempre stata una valvola di sfogo, in ogni tempo. Sono tutte cose di cui ti accorgi. L'unica cosa che puoi fare è metterti a parlare di questo disagio. Non puoi certo metterti a lottare, contro chi? Perché ne siamo coinvolti tutti, dal più grande al più piccolo. Non credo ci sia chi può essere cosciente e quindi manovrare la situazione. Non c'è qualcosa da combattere in particolare. Anche per me il fatto di fare canzoni ... è una gran bella cosa, un ottimo veicolo. Forse quando ho cominciato a fare dischi pensavo di poter trovare delle cose. Poi ho scoperto che se fai dischi, se fai spettacolo puoi avere solo due cose: successo e soldi. Se hai solo un altro piccolo vuoto sei nella merda. Non è per riprendere il luogo comune che i soldi non sono la felicità ma non potrei mai avere un equilibrio con questo tipo di lavoro."

Tutte le volte che vedevo Garbo per associazione di idee pensavo a te.
"Questa associazione tra me e Garbo è voluta dai giornali."

Io non leggo giornali.
"Se tu non leggi i giornali, io non ascolto Garbo. Ho sentito solo "A Berlino va bene" e basta ".
Ma non ti senti usurpato di alcune idee, di un'immagine?
"Mi piacerebbe , ma non è cosi perché anch'io ho subito delle influenze. Comincio solo adesso ad essere discretamente personale. Tutto quello che appare retaggio culturale mi esce incosciamente. Fino a poco tempo fa sapevo da dove mi arrivava, ma ora è solo roba mia. per cui usurpato? Non so, e poi da chi? Da Garbo? Dai Matia Bazar? Non saprei."

Stanno spingendo molto questa immagine di Garbo con lo sguardo pensoso nel vuoto ed è una cosa che avevi anche tu.
"Sì. ho visto. Io invece mi sono accorto che lo sguardo è molto meglio tenerlo bello presente e se ne accorgerà presto anche lui."

Come spieghi la tua fase calante dopo "Poco Zucchero"?
"È dipesa unicamente dalla mia disponibilità. Dopo quel secondo disco, ho fatto televisioni, radio e giornali. Con ".l'Accuse ...", il terzo album, mi sono invece irrigidito moltissimo e quindi non ero più disponibile. Tutto quello che mi si proponeva non lo facevo. Ho fatto Disco Ring perché era un passaggio d'obbligo e Pop Coni perché tutto sommato andava bene, ma poi basta, non mi si è più visto in giro. Quasi nessuno conosce la mia faccia perché non c'è mai stata disponibilità da parte mia."

Perché?
"Probabilmente perché pensavo che il mio fosse un discorso serio e che quindi meritasse una maggior attenzione da parte dei media, attenzione che invece non esisteva, bla, bla, bla, presunzione, presunzione e ancora presunzione. Ora c'è maggior disponibilità, non perché credo che il mio prodotto sia merda ma perché tutto sommato credo sia uguale a tutti gli altri. Ero quasi tentato di andare a Sanremo. Perché no? Non ci sono andato solo perché non avevo il pezzo."

C'è qualcosa che ti piacerebbe fare?
"Sì, scrivere. Vorrei riuscire a farlo nel giro di 4 o 5 anni. Non mi attira scrivere romanzi o poesie, ma saggistica, trattare degli argomenti."

Vuoi a disposizione l'ultima pagina di Tutti Frutti, quella dello sfogo?
"No, non ho sfoghi da fare. Quando sarò preparato chiederò questo spazio. Scrivere sarebbe molto più gratificante che cantare perché a me fare canzoni piace tantissimo, però come fai quando qualcuno da fuori ti dice come debbono essere fatte?
Come pretendi di ascoltare alla radio qualcosa e dire: questo pezzo mi piace o non mi piace. Come puoi pretendere di scegliere quando una scelta è già stata operata ad altri livelli?"  

Da dove prendi energia? Cosa ti ha eccitato ultimamente?
''L'unica cosa che da un paio di anni è riuscita ad esaltarmi è stato il dedicarmi ad arti marziali e alla pratica dello Za Zen. La prima cosa che mi ha affascinato del Giappone è che è forse l'unico paese con una grossa cultura antichissima a non avere in qualche modo droghe all'interno della sua storia. La Cina ha l'oppio, l'India ha il Soma e l'Hashish, le civiltà Sudamericane hanno il peyote. Inizialmente le arti marziali non erano concepite come strumenti di difesa o offesa, ma solo come ginnastica del corpo, sviluppo della concentrazione del "qui e ora". Potrebbe succederti qualsiasi cosa in questo momento e devi essere pronto. Sviluppavano l'intuizione che è stata uccisa dall'occidente."

Sì, l'istinto è stato ucciso da ogni sorta di religione o ideologia.
"Ma soprattutto da quello che è l'intellettualismo. Siamo diventati grandissimi pensatori, ma pensatori e basta. Pensiamo ma non riusciamo più a vivere."

Ma cos'è lo Za Zen?
"È solo una posizione, lo stare seduti con la schiena eretta, lo sguardo abbassato verso un punto e la concentrazione, il cercare di dare il massimo dell'energia concentrandosi su se stessi. Questo sviluppa tantissimo l'intuito perché ti trovi in contatto con il tuo corpo, con ,i tuoi organi interni, con tutto quello c'he sei e di conseguenza anche con l'esterno ..."

... E il tempo passa, e lo spazio si assottiglia. E ti accorgi che non hai parlato affatto del nuovo prodotto di Faust'O. Resta solo una sua frase, sospesa fra altri discorsi, che è bello usare per chiudere il pezzo:
"È difficilissimo far parlare il cuore. E una cosa estremamente delicata: però, per quel poco che ti riesce, cazzo! Lascialo andare! Siamo talmente pieni di formalismi per cui una chitarra normalissima diventa una chitarra al fulmicotone ... Lasciamo veramente parlare il cuore per quello che è, per quanto ci è possibile."
Faust'O torna ufficialmente sulla scena della musica italiana.

FAUST'O - Ricordi - LP
Tutti Frutti  di Red Ronnie 1983
È decollato il recupero totale di Faust'o, da noi anticipato nel Tutti Frutti n° 4. L'immagine che lui sta dando di sé è molto influenzata da una cultura orientale, prettamente giapponese, e dalla disciplina psichica dello Za Zen che nel frattempo ha cominciato a praticare. Anche da questo album traspare una certa sicurezza in se stesso. Sembra la quiete dopo la tempesta. Tutto è molto razionale; II 45 che ne è stato tratto, "Ch'an Cha Cha", è però più sudamericano. È in effetti l'unico pezzo a parte di questo album. Alberto Radius, che oltre a suonare la chitarra ha collaborato all'arrangiamento e alla realizzazione del disco, interviene a tratti pesantemente per graffiare l'eleganza a volte al limite dell'apatia che percorre tutto l'album. Poi si incappa in un pezzo come "Jeraldine", violento e grintoso. Va ascoltato a volume altissimo. È splendido anche in quel basso sincopato e funky. "Rip Van Winkle" è invece il pezzo maggiormente orientale. È un disco omogeneo, a parte gli episodi già citati, ispirato e degno di attenzione.

NumeroUno Rock Star di Stefano Bonagura 1983
Superate le note vicissitudini contrattuali Faust'O ha prodotto il suo quinto LP, il primo dopo il cambio d'etichetta. Torna alla carica con un album gelido, di notevole qualità tecnica: musicalmente essenziale, testi che possono piacere o no, immagini rarefatte che agiscono per associazione d'idee. A me, sinceramente, non dice quasi nulla, però, e un disco che suggerisce almeno una considerazione fondamentale: com'é che possono rischiare di rimanere senza contratto personaggi
come Faust'O mentre altri, molto meno seri ed onesti con se stessi e con il pubblico, il contratto ce l'hanno sempre in mano? Business?

PASSATO PRESENTE E FUTURO DI UN POETA ELETTRICO
Tutto, Musica e Spettacolo  di Massimo Poggini - foto Angelo Deligio 1983
Faust'o è sicuro di avere in sè una formidabile carica di energia. Per questo gli sta bene la definizione di poeta elettrico. Il primo album, uscito nel 78 s'intitolava "Suicidio", il secondo "Poco Zucchero", il terzo "J'accuse... amore mio". Poi il silenzio interrotto da un LP sperimentale per pochi intimi: "Out Now". Faust'o non è tipo ad scendere a compromessi. Adesso ci riprova con un album in cui usa addirittura sette lingue...!!

La «o» apostrofata non ha un significato preciso, è solo un nonsense nato più per caso che per vera convinzione. E il cognome è uno dei più diffusi in Italia: Rossi. Fausto Rossi, dunque, in arte Faust'o. Qualcuno lo ha definito il «poeta elettrico», andando molto vicino alla sua vera essenza.
«È una definizione che mi sta bene», dice. «Mi piace pensare che dentro di me ci sia dell'energia. Del resto, se continuo a fare canzoni, è solo perché sento che riesco a farle al meglio».
Il 1983 potrebbe essere il suo anno. Lo ha iniziato bene pubblicando un album, intitolato «Faust'o». che è semplicemente bello. Un disco che fa seguito, e ne è pertanto la sintesi, a un lungo periodo di rivolgimenti interni. Faust'o è rimasto lontano dalla scena «ufficiale» per quasi due anni. In questo periodo ha pubblicato un LP: «Out Now», autoprodotto e fatto circolare attraverso canali «alternativi». È un album di musica sperimentale che non ha niente da spartire con il resto della sua produzione.
«Forse può sembrare una parola troppo grossa», dice oggi. «ma avevo bisogno di purificarmi. Ero giunto a un punto di rottura con me stesso e con gli altri e non sopportavo più niente. È per questo che ho deciso di rimanere per un po' fuori dal giro».

Oltre a incidere «Out Now», cos'hai fatto in questi due anni?
«Ho inciso anche un altro album, che però non è mai uscito. Contiene canzoni inedite eseguite dal vivo. Poi ho messo a fuoco tante idee, mi sono guardato dentro e sono riuscito a ritrovare il mio equilibrio, quell'equilibrio che stavo perdendo, o che forse avevo già perduto, chi può dirlo?».
Come mai hai deciso di tornare alla canzone?
«Premetto che la canzone non l'ho mai rinnegata, nemmeno nel momento in cui la crisi è stata più profonda la ritengo uno strumento molto importante, che ti permette di entrare nelle case e quindi di arrivare alla gente. Il rifiuto, semmai, era verso tutto ciò che sta intorno alla canzone, verso quei meccanismi che snaturano poco alla volta il discorso artistico... Adesso invece queste cose non mi assillano più: io ritengo di aver fatto un buon prodotto e cercherò di farlo arrivare alla gente sfruttando tutte le possibilità che mi saranno concesse. Poi sarà il pubblico a giudicare».

In questo periodo sei cambiato anche sotto l'aspetto umano?
«Fondamentalmente sono sempre uguale, con le mie convinzioni e tutto il resto. Ma adesso sono più fiducioso, più rilassato, più tranquillo. Non ho smarrito quella forte carica critica che mi ha sempre contraddistinto, però ora non mi arrabbio più come una volta se c'è qualcosa che non va, o perlomeno cerco di essere critico in modo costruttivo. Dal mio intimo ho bandito quei sentimenti tipo l'odio e il rancore; e questo mi permette di vivere senz'altro meglio, con meno affanni».

Tra passato, presente e futuro cos'è che ti interessa di più?
«Senza dubbio il presente. Ognuno dovrebbe imparare a vivere con la massima intensità il momento che sta vivendo. Solo così riuscirà ad assaporare il gusto della vita. Non voglio fare filosofia spicciola, ma il passato non ci appartiene più se non sotto un aspetto di "documentazione storica", di esperienza. E il futuro bisogna andarlo a scoprire giorno dopo giorno».
Ma non ti capita mai di metterti a pensare a quello che succederà domani?
«Sì, ma non capisco bene quello che sta accadendo ne quello a cui stiamo andando incontro. Non riesco a mettere a fuoco questa domanda: nel nostro immediato futuro c'è la catastrofe o il benessere? Sinceramente non saprei cosa rispondere. Quello che stiamo vivendo è un periodo di assestamento? Lo spero, ciò che succederà domani proprio lo ignoro».

Torniamo al nuovo disco. Le canzoni che vi hai incluso sono di recente composizione?
«Sulla copertina ho voluto riportare le date in cui ho scritto le singole canzoni. Infatti alcune le ho composte in un giorno, mentre altre sono nate nell'arco di un anno intero, nel senso che magari l'idea mi è venuta nel settembre dell'81. ma l'ho sviluppata solo nel settembre dell'82. Comunque sono tutte composizioni abbastanza recenti».

In sala d'incisione hai impiegato tanto a finire il lavoro?
«Ho lavorato senza fretta. Quando sono entrato in sala avevo con me solo le melodie e i testi. Gli arrangiamenti li abbiamo fatti sul posto, per dare più omogeneità al disco».

Ti risulta sempre difficile scrivere i testi?
«No. Una volta facevo fatica, è vero, ma adesso mi diverte. Anzi, è un periodo che sto scrivendo tantissimo e non solo canzoni, ma anche poesie, piccoli racconti, storie più o meno fantastiche».

Tu non hai quasi mai suonato dal vivo. Non ci tieni?
«Effettivamente fino a qualche tempo fa esibirmi in concerto non mi interessava. Non avevo voglia di occuparmi dei problemi, tecnici e non, che stanno dietro a uno spettacolo. Adesso invece sto studiando questa possibilità. Comincerò non appena il disco si muoverà un pochettino, ma l'idea c'è già. Andrò in giro con due pianoforti acustici, percussioni e nastri preregistrati contenenti effetti di vario tipo. Per uno spettacolo del genere l'ambiente adatto credo che siano le discoteche di medie e grosse dimensioni».

I computers e l'elettronica ti affascinano ancora?
«Sì, ma non li seguo più come qualche anno fa, E questo è un settore dove se perdi un colpo rimani inesorabilmente spiazzato: le novità si susseguono a un ritmo davvero incredibile.

Adesso qual è il tuo interesse predominante?
«Tutto ciò che riguarda l'oriente. Per la verità è u interesse che coltivo da circa dieci anni, ma solo in quest'ultimo periodo l'ho approfondito come merita. Ho letto parecchi libri sto cercando di capire le lingue che usano. Non a caso nel mio nuovo LP ci sono alcuni brani in cinese e giapponese.

Musica ne ascolti molta?
«Sì, ma in maniera distratta, come tutti. Una volta mi tenevo informato, seguivo l'evolversi delle mode e cercavo di ascoltare le novità di un certo valore. Da un po' di tempo a questa parte, invece, ascolto la radio; tanto quello che mi entra da un orecchio mi esce dall'altro.

Questo modo sempre più veloce di «consumare» musica come musicista non ti spaventa?
«Mi spaventa di più il peso che sta assumendo. Ormai, almeno nel metro di valutazione di certa gente non importa più che sia buona ma che sia commercialmente valida. Così tu puoi scrivere le cose più belle del mondo ma se non rispondono a certi requisiti rimarranno sempre lì sole e sconosciute a tutti. Questo è un problema troppo grande perché possa risolversi da solo. 

Tutto musica e spettacolo
Il suo vero nome è Fausto Rossi. È nato a Sacile (Pordenone), nel 1954, ma vive a Milano da quando aveva 12 giorni! Avuta la licenza elementare, ha abbandonato gli studi regolari per imparare a suonare il pianoforte (è giunto all'ottavo anno). Il primo LP, «Suicidio", lo ha pubblicato nella primavera del '78 sotto l'etichetta Ascolto-CGD; II secondo, «Poco zucchero», esattamente un anno dopo (quell'album conteneva «Oh oh oh», probabilmente la sua canzone più conosciuta, con la quale ha partecipato al Festivalbar); e il terzo, «J'accuse... amore mio», nell'autunno dell'80. A questo punto, scaduto il contratto con la CGD, Faust'o ha deciso di ritirarsi spontaneamente dalla scena «ufficiale» per realizzare alcuni progetti sperimentali che aveva in mente: nella primavera dell'82 ha pubblicato «Out Now» (su etichetta FG), un album autoprodotto e fatto circolare attraverso canali «alternativi». Conclusa questa esperienza, ha inciso «Faust'o», il quinto LP (pubblicato pochi giorni fa dalla Ricordi). Collaboratore di lusso, Alberto Radius, che ne ha curato gli arrangiamenti assieme all'autore. Particolare curioso: Faust'o in questo disco usa ben sette lingue: oltre all'italiano, il francese, lo spagnolo, il tedesco, l'inglese, il giapponese e il cinese.

MEDITATE, GENTE MEDITATE
Bazar di R.G. 1983
Con l'aiuto dell'originalissima musica del poeta elettronico.
Ai tempi del suo esordio, che risale ormai a quattro o cinque anni fa, un ignoto cronista dalla fervida fantasia l'aveva ribattezzato «il poeta elettrico»: forse per affermare che non ne esistevano altri, in Italia, di interpreti come lui, capaci di coniugare con disinvolte raffinatezze liriche cupe, disperatamente metropolitane, con suoni altrettanto cupi e allucinati, resi ancora più secchi e freddi dal ricorso abituale alle «macchine da musica», come dire computer e armamentari simili. Il tempo è passato, ma Faust'O è rimasto lo stesso signore di allora; quello che si dilettava ad ascoltare David Bowie, Peter Gabriel, Pink Floyd e altri campioni del rock «alieno», a sviscerarne le più riposte virtù, a distillarne gli umori più sotterranei e - se vogliamo - finanche superflui: insomma, un musicista provvisto di sane propensioni monomaniacali, nell'accezione positiva del termine. In più, ora, ha raggiunto una dimensione poetica sufficientemente originale e personalizzata, fatta di profonde meditazioni » sulla filosofia (e sulla pratica) delle arti marziali giapponesi, sul «senso di morte che percorre trasversalmente tutta quanta l'organizzazione della cultura occidentale, sul modo di trasporre tutto questo - e altro ancora - in musica. Una musica poliglotta (oltre all'italiano, ricorre frequentemente all'inglese, al francese e allo spagnolo), fredda come una lama, acuminata come un punteruolo. Perfino crudele, a volte, visto il disprezzo con cui si rapporta al «luogo comune» della melodia tradizionale. Ecco perché «Faust'O», il quarto ellepì del Nostro appena edito dalla Ricordi (segue a distanza di tempo gli altri tre, tutti prodotti in casa CGD), è un disco interessante da ascoltare e da meditare. Magari un po' «penitenziale», come direbbe quel genio del pianoforte che è Giancarlo Cardini. Ma oltremodo utile per constatare che certi sentieri della Musica Giovane vengono battuti anche da noi, e non soltanto in Inghilterra e negli Stati Uniti.

FAUST'O
Arena di Verona  di Joy Yellow (Luciano Triolo) 1983
Con questo suo quinto album (senza titolo), Faust’O rinnova ancora una volta la sua produzione discografica.
Subito salta all’occhio, prima ancora che all’orecchio, il cambio di casa discografica (dalla “Ascolto” della CGD alla “Dischi Ricordi”).
La busta esterna è quasi anonima, a parte il buon gusto di Nanni Cagnone che l’ha curata,nel saper scegliere una foto tanto espressiva: un cielo nuvoloso al tramonto, la stessa atmosfera di tristezza che abbiamo in questa immagine del primo impatto, la si ritrova identica tra i solchi del disco, benché gli arrangiamenti delle canzoni non siano affatto cupi ed anzi ricordino addirittura, in alcuni tratti, tutti quei nuovi ritmi della musica Rock-dance mitteleuropea.
I testi, invece, ci mostrano ancora una volta la notevole capacità compositiva di Fausto Rossi (vero nome di Faust’O) e sono tratti da alcune poesie che l’autore ha scritto durante i passati tre anni e che sono pubblicati nella busta interna.
In tutto sono undici canzoni per una durata complessiva che supera di poco la mezz’ora.
Quasi tutti i brani hanno un ritmo ed una struttura ben precisa, solo “Rip Van Winkle” esce dai binari e si addentra nella sperimentazione, sia vocale che strumentale.
Ogni singola canzone ha, poi, una strana particolarità: tutte finiscono in uno sfumare addirittura forzato, quasi a lasciarci apparire che si tratti di composizioni incompiute. Oppure più semplicemente, prive di un finale particolarmente interessante da aver costretto l’ingegnere del suono ad adottare questa soluzione.
Per il resto il suono è veramente ben curato, grazie anche alla notevole preparazione dei musicisti, che vedono tra le presenze Alberto Radius (Chitarre), Roberto Colombo (Fairlight)e Umberto Rossi (Chitarra solista in due canzoni).
Se la promozione televisiva e radiofonica saranno ben curate, questo di “Faust’O” potrebbe risultare uno dei dischi di maggior successo del 1983.

AUDIO REVIEW 1984
Nato a Sacile in provincia di Pordenone trent’anni fa, ma già da tempo in pianta stabile a Milano, Faust’o è il più convinto assertore, tra i cantautori italiani, dell’equazione musica-sperimentalismo. La ricerca di nuovi suoni da innestare in fresche melodie è infatti la base dalla quale Faust’o parte in ogni sua composizione.
Paragonato frequentemente a Garbo per quel suo sguardo perennemente sperduto nel vuoto, per un costante uso di effetti elettronici, Faust’o si differenzia dal collega soprattutto per la maggiore poeticità dei testi. Alto, il viso scavato, una voce roca e accattivante, il carattere timido e aggressivo. Faust’o è un grande cultore  di arti marziali e meditative giapponesi, in particolare dello za zen, un’interessante forma d’introspezione.
Quasi nessuno, nonostante non sia “l’ultimo arrivato” nel panorama musicale italiano, conosce la sua faccia, questo per la sua scarsa disponibilità ad interviste e passaggi televisivi.
Faust’o, con la sua musica incalzante, il suo rock estetico, manierato, la rottura delle barriere nazionali (i brani sono proposti infatti in diverse lingue). I testi intrisi d’angoscia, terrore, impotenza, i continui riferimenti alle sonorità di Brian Eno, è insomma la rappresentanza ideale dell’attuale contraddizione della nuova musica d’autore.

ECCO FAUST'O IL BOWIE ITALIANO
L'UNITà  di Alba Solato MAGGIO 1983
Work in progress
                                                                                 
RECENSIONE Ciao 2001 di M.I. 1983
Fausto Rossi, milanese,in arte Faust’O, è nel panorama della musica italiana un personaggio emblematico, ovvero, per essere più precisi, un PERSONAGGIO-SCANDALO.
Considerato unanimemente un anticipatore della New wave modernista italiana, è anche un ispiratore diretto di parecchi suoi esponenti (tra quelli più conosciuti, i Decibel e il loro ex leader Enrico Ruggeri, in parte Garbo, più tutta una serie di bands emergenti). Ma mentre i suoi discepoli, più inclini di lui a farsi promozionare dai mass-media, raggiungono il successo di pubblico, lui paradossalmente è rimasto nell’ombra. Dopo tre anni per una grossa etichetta, dopo uno sperimentale e solo strumentale prodotto in proprio, Faust’O torna sul mercato con un quinto album. Se nei primi due album l’influenza di Bowie prima di tutto,e poi di gruppi come i Roxy Music o i primi Ultravox quando ancora erano guidati da Johnn Foxx, era ancora evidente, già nel terzo “J’accuse…Amore Mio” tali influenze si erano fatte meno dirette, più amalgamate e interiorizzate in un discorso musicale che tendeva definitivamente a una propria completa autonomia espressiva. Ora con questo LP, dopo la parentesi di quello sperimentale (Out Now),prosegue direttamente il discorso,con la maturità che deriva da un silenzio effettivo durato quasi due anni, ma anche da una attività personale di ricerca praticamente ininterrotta. Faust’O non è un “cantautore, nel senso usuale che si usa attribuire a questo termine, ma un pop-rock singer nel senso più evoluto di tale parola, di marca mitteleuropea che restrittivamente italico-mediterranea. I brani, testi e musiche, sono suoi, da solo o talvolta in collaborazione. L’album è stato registrato allo Studio Radius, e lo stesso Radius vi suona le chitarre,  riprendendo una collaborazione che era già iniziata agli esordi della carriera artistica di Faust’O. Come già accennato prima, si tratta del LP più maturo e personale dell’artista milanese. Se in “J’accuse… Amore Mio” prevalevano i toni nevrotici-apocallitttici, qui invece prevalgono i toni cupi, ossessivi, di una visionarietà urbana tutta intessuta di immagini verbali-sonore in rapida successione, quasi come il ticchettare di una telescrivente. La voce è molto migliorata, si è fatta più flessibilmente espressiva nei toni acri come in quelli più addolciti e velati, anche se altrettanto inquietanti. I versi spezzati e piegati a comunicare immagini-sensazioni immediati ci appaiono particolarmente in grado di esprimere un certo ritmo esistenziale della vita metropolitana europea. Il sound, come si è detto,è un rock cupo, ossessivo, modernista, altamente visionario nella sua essenza.
Tra i dieci brani, tutti peraltro notevoli,ci limiteremo indicativamente a segnalare “Ogni Fuoco” (poi ripresa nella finale “Ultimi Fuochi”).
“Stracci Alle Fiamme”e “Cinque Strade”, tre rock dai suoni secchi e incisivi come spade: la nevrotica “Jeraldine”, maggiormente legata a “J’accuse…Amore Mio”; le allucinate e sotterranee “Rip Van Winkle” e soprattutto “Alien”; e infine la morbida e acre pop-ballad “Ch’an Cha Cha” (anche su 45 giri), dal testo per metà italiano e per metà spagnolo, che costituisce il seguito ideale del precedente singolo di Faust’O, “Hotel Plaza”.








IN TV
Alien, Ch'an Cha Cha, Ogni Fuoco a Orecchiocchio rai 3 1983




Ch'an Cha Cha a Festival Inverno Pistoia rai 1983

Ch'an Cha Cha a Discoring rai 1 1983

Ch'an Cha Cha  a Azzurro 1983 rai (varie esibizioni)



Ch'an Cha Cha a PopCorn canale 5 (varie esibizioni) 1983


Ch'an Cha Cha a Rockstar rai ( la famosa mangiata di mela) 1983